Eurozona e Stati Uniti, la divergenza continua

Eurozona e Stati Uniti sembrano ancora una volta divergere sulle prospettive economiche nei prossimi mesi. Da un lato, l’inflazione persistente e gli alti tassi di interesse frenano la domanda e la produzione, dall’altro un andamento dei prezzi più dinamico e la tenuta della domanda hanno consentito al settore privato statunitense di costruirsi una quantità di anticorpi che, stando agli ultimi dati, dovrebbe persino consentire di evitare trimestri con il segno meno.

Nella settimana delle banche centrali il decoupling, chiamiamolo così, tra le due grandi economie mondiali si è delineato in maniera piuttosto netta. 25 punti base in più per i riferimenti di entrambe le banche centrali ma parole dei governatori dal tono completamente diverso. Negli Stati Uniti la FED conferma che le probabilità di evitare una recessione sono aumentate, nell’Eurozona Christine Lagarde ammette che la cura anti inflazione sta avendo effetti collaterali importanti sull’attività economica.

Riflessioni che hanno trovato rapida conferma nei numeri della crescita del secondo trimestre 2023. Con gli USA a registrare un sorprendente +2.5% annuo e l’Eurozona ad evitare di un soffio la crescita zero per il secondo trimestre consecutivo. Tutta colpa della BCE? No, spiegare quanto sta accadendo sulle due sponde dell’oceano dando la colpa a Francoforte è troppo sbrigativo. Certo, qualche critica sulle tempistiche e sul “dosaggio” dei rialzi da parte dell’istutito guidato da Lagarde è più che legittima, ma si tratta di “errori” non in grado di spiegare la difficoltà con la quale l’economia dell’Eurozona sta cercando di uscire da un periodo che nei fatti potrebbe benissimo essere definito di quasi-stagflazione.

L’inflazione statunitense è frutto principalmente dell’enorme bordata di sussidi fiscali sparata dal governo federale nel periodo della pandemia. Un elemento che da un lato ha fatto alzare i prezzi ma dall’altro, complice un mercato del lavoro come sempre molto più rapido ad adattarsi alle variazioni della congiuntura, ha permesso alle famiglie americane di controbattere all’inflazione mantenendo una domanda interna solida e contributrice positiva del PIL.

Sul fronte europeo lo shock pandemico è stato solo l’inizio di un periodo da incubo. La difficile ripresa dell’economia cinese, azzoppata dalle strategie covid-zero di Pechino e dalla bolla immobiliare; l’invasione russa dell’Ucraina con i suoi contraccolpi sui prezzi dell’energia (già in crescita nei mesi precedenti), un periodo con il dollaro estremamente forte che ha ulteriormente complicato la situazione sul fronte dei prezzi all’importazione; ed infine l’aumento dei tassi di interesse che ha frenato in maniera molto massiccia investimenti e prestiti a famiglie ed imprese.

Scenari completamente diversi, e sfide completamente diverse per i due istituti centrali.

Foto di Paul Henri Degrande

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