Rischio “fatigue” sulla transizione energetica

La transizione energetica rimane qualcosa di ineludibile, ma l’entusiasmo con il quale l’Europa l’aveva fatta propria qualche anno fa sembra essersi rarefatto, tanto che si potrebbe sospettare la presenza di una sorta di “fatigue”.

I dati sono quelli elaborati da BloombergNEF e la statistica di riferimento è quella dell’edizione 2024 del G-20 ZeroCarbon Policy Scoreboard. Una classifica sulla qualità e sui progressi delle politiche di riduzione delle emissioni dannose nei paesi appartenenti al G20. Sin dalla sua prima edizione, nel 2021, la graduatoria è stata sempre guidata da paesi europei ed anche l’edizione del 2024 conferma che sul tema delle politiche green il vecchio continente ha tracciato la strada.

Ma c’è una novità e non è particolarmente buona. Nell’ultimo aggiornamento del ranking nessuno dei paesi europei ha registrato miglioramenti rispetto all’anno precedente. Anzi, Unione Europea e Gran Bretagna hanno registrato in media un calo di poco più di un punto. Non va meglio per gli USA, mentre segnali di progressi arrivano dalla Cina, dall’India e dal Sud America.

Certo un rallentamento è normale, visto l’anticipo con il quale al di qua dell’oceano si è provveduto ad implementare normative green in campi diversissimi, ma secondo BloombergNEF questo dato nasconde qualcosa di più, una sorta di “fatigue” che sta facendosi strada tra i legislatori europei, distratti dai loro obiettivi sulla transizione energetica dalla congiuntura piuttosto complicata.

Il report dell’agenzia statunitense cita alcuni esempi emblematici. La Germania che a sorpresa chiude i rubinetti degli incentivi all’acquisto di auto elettriche (-16% in Germania le vendite nel 2023). La Francia che sposta in là di tre anni la sua uscita dal carbone (ora al 2027). La Gran Bretagna che prende tempo sulla fine della produzione di auto a combustibile fossile e sull’adozione di una sorta di “quota minima” di pompe di calore per impianti di riscaldamento/climatizzazione installati.

Si tratta di frenate che se da un lato sono giustificabili, come detto prima, dalla complicata situazione congiunturale, dall’altro lato sottolineano un problema di scarsa coordinazione internazionale che rischia di far deragliare ogni possibile speranza di raggiungere l’obiettivo emissioni zero entro il 2050.

In tutto questo interi settori industriali ed un’ampia platea di investitori rimangono sospesi.

Foto di catazul

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