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Economic Outlook, due tendenze positive in un mare di variabili

L’aggiornamento di primavera dell’Economic Outlook redatto dal Fondo Monetario Internazionale mostra due tendenze positive per crescita e inflazione, ma le variabili che le circondano sono tante.

L’economia mondiale è ancora convalescente e questi repentini cambi di temperatura rischiano di rimetterla a letto con la febbre alta. Ecco, se volessimo condensare al massimo il pensiero del Fondo Monetario Internazionale potremmo proprio usare questa metafora.

L’aggiornamento primaverile dell’Economic Outlook illustrato martedì scorso dal capo economista dell’FMI, Pierre-Olivier Gourinchas, presenta due linee di tendenza di fondo che invitano all’ottimismo ma sono accompagnate da una lista di avvertenze che frena qualsiasi tipo di entusiasmo.

Le tendenze positive che emergono dall’Economic Outlook sono relative alla crescita ed all’inflazione. Il PIL mondiale dovrebbe crescere nel 2024 al 3.2%, un decimo in più della stima precedente. Un’accelerazione in gran parte dovuta allo stato di salute dell’economia americana e di alcune economie emergenti. Sul fronte dei prezzi le previsioni del Fondo Monetario vedono l’inflazione al 5.9% nel 2024 ed al 4.6% nel 2025 con le economie avanzate che dovrebbero raggiungere il target del 2% il prossimo anno.

Delineate queste due tendenze, sufficienti a far dire al Fondo che l’economia globale ha evitato i rischi di stagflazione emersi con la crisi pandemica, la descrizione di tutto quello che le circonda diventa più grigia e preoccupata.

Sul fronte della crescita l’outlook ricorda che il potenziale nel breve termine è frenato dal sostenuto costo del denaro e dal ritiro progressivo delle politiche fiscali espansive post-covid. Nel lungo termine, invece, la crescita dell’economia mondiale rimane tra le più deboli da decenni a causa della produttività sempre più fiacca e della riemergente frammentazione economica.

Per quel che riguarda l’inflazione il Fondo non può non evidenziare come in molti paesi questa abbia assunto caratteristiche di persistenza e che le tensioni geopolitiche sono una variabile in grado di rallentare ulteriormente il percorso di raffreddamento dei prezzi al consumo. Le banche centrali ad un certo punto inizieranno a normalizzare le loro politiche monetarie con qualche taglio dei tassi, ma nel complesso la “guerra” contro l’inflazione non è ancora vinta.

Per Tobias Adrian (FMI) una situazione così densa di variabili non può non pesare su mercati finanziari particolarmente sensibili ai dati macro e carichi di aspettative sull’inizio della fase di riduzione dei tassi di interesse. Se la discesa dell’inflazione si interrompesse o rallentasse il passo ulteriormente, le banche centrali dovrebbero rivedere i tempi di intervento, frustrando le aspettative degli investitori. La conseguenza potrebbe essere anche un diffuso sell off (dalle azioni, ai bond e fino alle criptovalute).

Un decoupling tra FED e BCE rischia di pompare ulteriormente la valutazione del dollaro. Questo può minacciare certamente l’andamento dell’inflazione nell’area Euro, ma rappresenta un ulteriore elemento di sofferenza per le economie più povere del mondo (le cui prospettive sono già peggiorate in questi ultimi anni).

Crediti foto: Focal Foto su Flickr

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