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Rischio recessione negli USA, da Yellen ai mercati si smorzano le attese

In una recente dichiarazione il segretario al tesoro statunitense Janet Yellen ha ridimensionato il rischio di una recessione negli USA. Ed anche dai mercati arrivano segnali contrastanti che fanno aumentare l’incertezza.

Ma quando arriva questa recessione dell’economia statunitense? A forza di sentirne parlare c’è il rischio di commettere un vistoso errore: abbandonare la lettura dei dati e lasciarci guidare dalle sole aspettative.

A riportare l’attenzione sul tema ci ha pensato nei giorni scorsi la segretaria al tesoro USA, l’ex governatrice della FED Janet Yellen. Secondo Yellen il rischio di una recessione per gli Stati Uniti è ovviamente ancora presente, ma con percentuali di probabilità molto più basse di quanto una nutrita pattuglia di analisti dica. E la motivazione di queste affermazioni sta proprio nella lettura dei dati macro. Il mercato del lavoro rallenta ma rimane in estrema salute, le vendite al dettaglio hanno mostrato una notevole resilienza di fronte all’impennata dei prezzi e – ultimo in ordine di tempo – il settore immobiliare sembra aver già toccato il suo punto più basso.

Per Yellen è logico mettere in conto che la forte politica monetaria restrittiva riduca la spesa dei cittadini statunitensi, ma da qui alla recessione sembrano correre ancora delle praterie. Del resto anche un altro indicatore molto conosciuto ed apprezzato sembra al momento non dare segnali di recessione in avvicinamento. Il CFNAI, l’indicatore dello stato di salute dell’attività economica elaborato dalla Federal Reserve di Chicago, ha mostrato miglioramenti nell’ultima rilevazione. In particolare il Diffusion Index è storicamente associato all’arrivo di una recessione quando scende sotto la soglia dei -0.35 punti. Nel mese di giugno la lettura è salita da -0.14 a -0.09, e negli ultimi due anni si è sempre tenuta distante dalla soglia “di rischio”.

Un altro segnale “contrarian” rispetto alla diffusa convinzione che una fase di downturn per l’economia a stelle e strisce sia prossima, potrebbe essere rintracciato sui mercati azionari. Ed in particolare nell’andamento dell’indice Russel 2000, vale a dire il paniere dedicato alle small cap statunitensi. In genere si ritiene che un investitore normalmente razionale tenda a privilegiare questo tipo di azioni (più volatili e quindi più rischiose) se culla aspettative positive sull’andamento dell’economia. Viceversa, in periodi di incertezza, il nostro investitore razionale si orienterà verso le grandi aziende.

Ebbene, nel mese di giugno il Russel 2000 ha registrato una performance positiva pari al 5.6%; nello stesso periodo lo S&P500 ha guadagnato “solo” il 4.8%. Un evento piuttosto interessante, visto che prendendo la media degli ultimi 5 anni l’indice delle small cap perde sette punti percentuali rispetto ai panieri delle società a grande capitalizzazione. Secondo molti analisti, anche questo sarebbe un segnale che molte delle preoccupazioni legate alla recessione si sono in qualche modo ridimensionate.

A chi credere? A chi pensa che l’autunno statunitense sarà a tinte rosse, oppure a chi vede il bicchiere mezzo pieno e si attende solo una crescita molto fiacca per uno o due trimestri?

Foto Federal Reserve

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