Crollo del ponte di Baltimora, altra grana per la supply chain

Il crollo del ponte Francis Scott Key di Baltimora può avere effetti sulla supply chain globale? La domanda circola tra gli analisti ed il focus è sul settore auto e su quello assicurativo.

L’effetto farfalla è qualcosa che ciclicamente si ripresenta all’attenzione degli economisti. La teoria per cui infinitesime variazioni nelle condizioni iniziali producono variazioni grandi e crescenti nel comportamento successivo dei sistemi dinamici non lineari è stata applicata, o appiccicata, a molti eventi macroeconomici degli ultimi anni.

Questa volta la farfalla in questione ha le fattezze di una nave cargo da oltre 30 mila tonnellate che è andata a schiantarsi, per cause ancora da chiarire, contro il Francis Scott Key Bridge di Baltimora. L’iconico ponte della città portuale del Maryland è crollato come un castello di carte in pochi secondi, spezzando la vita di 6 persone e, secondariamente, facendo crescere nuovi interrogativi sullo stato delle infrastrutture stradali USA.

In ambiente economico la domanda sorta quasi spontanea è stata una sola: dal crollo del ponte di Baltimora, il battito d’ali della farfalla, ci potranno essere effetti sulla supply chain? A quella interna degli USA, o addirittura a quella globale?

Le prime risposte sembrano suggerirci una limitata conseguenza su scala internazionale e qualche grattacapo in più per l’economia USA. Il porto di Baltimora non è particolarmente importante per quel che riguarda la movimentazione di container merci, trattando solo il 3% del volume totale della costa orientale statunitense, ma è tra i principali porti statunitensi per il settore automobilistico e per altre materie prime importanti come il carbone, il legno ed il gesso. Lo scorso anno il valore complessivo delle merci transitate aveva toccato gli 80 miliardi di dollari. Ogni giorno di chiusura del porto può costare qualcosa come 15 milioni di dollari (fonte Business Insider).

La chiusura del porto di Baltimora sta già costringendo le grandi case automobilistiche statunitensi, da GM a Ford, a trovare una soluzione alternativa per la spedizione di auto e ricambi. Soluzione che al momento si trova 700 miglia più a sud (il porto di Brunswick, in Georgia) e che comporta in prima battuta maggiori costi di trasporto e tempi più lunghi di spedizione.

Anche il settore agricolo potrebbe risentire della situazione. La vicinanza con le grandi aree agricole del MidWest hanno fatto del porto di Baltimora uno dei principali attracchi del paese per ricambi, attrezzi e mezzi per l’agricoltura. Ritardi e mancanza di mezzi potrebbero rallentare l’imminente stagione delle semine primaverili.

Come al solito la dimensione del danno e delle sue conseguenze dipenderà dalla velocità con la quale il traffico merci a Baltimora potrà riprendere. Le prime stime indicano in maggio la riapertura del porto ed in almeno un anno i tempi di ricostruzione del ponte. L’operazione complessiva – ricostruzione e bonifica – potrebbe costare una cifra attorno ai 2 miliardi di dollari. Cifra che in parte potrebbe essere coperta dai risarcimenti assicurativi che secondo Lloyd’s potrebbero essere tra i più elevati mai registrati nel settore navale.

Foto di 12019

Gli ultimi articoli di Ekonomia.it direttamente nella tua casella mail. Iscriviti qui sotto.
I dati trasmessi attraverso questo modulo sono trattati secondo la nostra privacy policy, in linea con la normativa vigente. Per nessun motivo verranno ceduti a terze parti o utilizzati per l'invio di messaggi di natura commerciale.