Economia globale tra nuova guerra fredda e la novità dei paesi “connettori”

Il crearsi di due grandi aree di influenza richiama alla mente i tempi della guerra fredda, ma per l’economia globale la novità potrebbero essere i paesi connettori.

Era il 2018, e nel dispiegarsi della politica economica neo protezionistica statunitense si cominciò a parlare di decoupling tra USA e Cina. Ora, a distanza di poco più di un lustro, sull’economia mondiale incombe una situazione geopolitica che vede contrapporsi in maniera sempre più decisa due grandi zone di influenza, una che guarda a Pechino ed un’altra che si raccoglie attorno a Washington. Uno schema di blocchi contrapposti che a molti ricorda gli anni della guerra fredda e che dal punto di vista economico è stata riassunta in un’espressione particolarmente significativa: geoeconomic fragmentation.

E proprio di frammentazione geoeconomica si occupa uno degli ultimi paper pubblicati dal Fondo Monetario Internazionale. In Changing Global Linkages: A New Cold War? Gita Gopinath, Pierre-Olivier Gourinchas, Andrea F Presbitero e Petia Topalova hanno analizzato i cambiamenti sul fronte degli scambi commerciali internazionali scaturiti dalla crisi in Ucraina, facendo poi un confronto tra questa situazione ed i primi anni della guerra fredda.

I risultati di questo studio suggeriscono da un lato che ci sono evidenti analogie tra la frammentazione causata dalla guerra fredda e quella che si sta plasmando in questi anni 20 del secolo; dall’altro c’è una differenza che potrebbe rivelarsi fondamentale tra i due scenari, vale a dire la presenza oggi di un consistente numero di paesi non allineati in grado di fungere da connettori tra i due blocchi.

A livello economico la creazione di un blocco si attua attraverso due canali: una riduzione degli scambi commerciali e degli investimenti con paesi esterni all’area di influenza; l’intensificazione degli scambi tra i paesi appartenenti a questa sorta di allenza. I dati analizzati da Gopinath e dai suoi colleghi mostrano evidenze su entrambi i canali. Dal 2020 in poi si è manifestata a livello nazionale una consistente revisione dei paesi importatori e dei flussi di investimento verso l’estero. In questo senso i paesi più attivi sono stati quelli economicamente avanzati. Analizzando i flussi di beni e di investimenti diretti la ricerca mostra come gli scambi tra il blocco cinese e quello statunitense si siano ridotti in maniera più consistente rispetto alla tendenza generale: gli scambi commerciali del 12% in più della media; gli investimenti del 20% in più.

Ma come detto se molte sembrano le analogie con quanto accadde durante la guerra fredda, la situazione attuale sembra proporre qualcosa di nuovo: il ruolo dei paesi non allineati. Lo studio del Fondo Monetario internazionale ricorda come nel periodo della guerra fredda gli scambi con questi paesi “neutrali” scesero in maniera consistente, mentre ad oggi non si registrano variazioni degne di nota.

Il ruolo che questi paesi potrebbero avere in questo nuovo scenario mondiale è tutto da decifrare. Potrebbero, ad esempio, diventare dei connettori in grado di mantenere una certa fluidità nella circolazione di merci ed investimenti, rendendo meno critica la situazione della supply chain globale.

Illustrazione di Prawny

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