Gli ultimi dati macro alimentano il dibattito sui tassi di interesse, tra frenate della FED e pressioni sempre maggiori sulla BCE. Si va verso una divergenza tra i due grandi istituti centrali?
L’ultima previsione, sfornata dall’agenzia Bloomberg, ipotizza per il 2024 quattro tagli dei tassi di interesse da parte della BCE. Il primo dovrebbe essere annunciato nella riunione di giugno e potrebbe essere di 25 punti base. Il target sarebbe quello di portare il tasso sui depositi al 3% entro la fine dell’anno.
Da Francoforte non arrivano per ora indicazioni chiare sulla volontà di iniziare ad abbassare i tassi dal prossimo mese di giugno, ma si continua a sostenere che saranno importanti i dati che giungeranno nelle prossime settimane. Certo che se proprio di dati vogliamo parlare, allora le indicazioni giunte la settimana scorsa sono piuttoso esplicite. L’inflazione core è scesa per la prima volta in due anni al di sotto della soglia del 3%, l’economia da segnali di tenuta nonostante il momento delicato attraversato dal settore manifatturiero e il mercato del lavoro continua a mantenersi in salute, con il tasso di disoccupazione inchiodato anche a febbraio scorso al 6.5%.
Si tratta di uno scenario che non mette troppa fretta ai governatori, ma che sembra spalancare le porte ad un allentamento della politica monetaria restrittiva (allentamento, non abbandono). E c’è chi sostiene che l’istituto centrale dell’area Euro farebbe bene a prendere una decisione prima che lo faccia la FED. Questo perchè, secondo molti analisti, le decisioni che vengono prese al di là dell’Atlantico, non tardano ad avere effetto sul resto del mondo e quindi la BCE dovrebbe agire in fretta per evitare di dover subire i tagli altrui.
Gli effetti di una divergenza tra la politica monetaria dell’area Euro e quella statunitense non sono per la verità così chiari. Secondo alcune analisi tassi più bassi nell’Eurozona porterebbero ad un indebolimento della moneta comune ed indurrebbero un aumento dei prezzi delle importazioni. Secondo altre voci la BCE dovrebbe agire senza guardare agli USA perchè, dati macro alla mano, il rischio di tardare troppo la decisione sui tassi pesa molto di più in Europa.
Nel frattempo una nuova preoccupazione si affaccia sulla scena, ed è quella che il prezzo del petrolio torni a minacciare lo scenario ribassista dell’inflazione. Tra tensioni crescenti nel medioriente ed un OPEC poco incline ad assecondare le richieste di una maggior produzione. Non ci si annoia, decisimente.
Foto di MichaelM