Eurozona, sette punti per recuperare competitività

L’area Euro arranca rispetto agli USA in termini di ricchezza prodotta. Uno studio di McKinsey individua sette aree strategiche su cui focalizzarsi per ravvivare la produttività del sistema economico dell’Eurozona e ritrovare competitività internazionale.

Ultimo trimestre del 2023. Il PIL degli USA registra una crescita su base annua del 2.5%; l’Eurozona registra un magrissimo +0.5%. Due punti percentuali di differenza che rappresentano il maggior gap tra le due economie dal 2013 ad oggi (periodo covid escluso). Nello stesso orizzonte temporale – l’ultimo decennio – l’Eurozona è riuscita a “battere” gli USA in termini di crescita solo in tre occasioni (2016,2017 e 2022). Per il resto, continuando con la metafora sportiva, un solo pareggio (2020) e sei sconfitte. Nel 2022 (fonte OECD) il PIL pro capite in Eurozona, a parità di potere d’acquisto, era del 27% inferiore rispetto a quello negli USA.

Al netto delle maggiori difficoltà che hanno coinvolto la zona Euro nell’ultimo biennio (la crisi in Ucraina per essere precisi) la tendenza sembra essere piuttosto chiara: viviamo una fase di decoupling tra la crescita econimica statunitense e quella dell’Eurozona. Volendola dire con altre parole, l’economia dell’area Euro fa sempre più fatica a stare al passo di quella degli Stati Uniti (e non solo). Un trend che si riflette anche sui mercati finanziari. Nel 2022 la capitalizzazione di mercato negli USA era 2,5 volta quella dell’Eurozona; nel 2023 l’Eurostoxx 600 ha registrato una performance del 12.64% contro il 24.23% dello S&P500.

Da dove deriva questo gap e come lo si può colmare? Tornando al dato sul PIL pro capite, quel 27% di differenza tra Eurozona e USA dipende per una metà da problemi di produttività e per il resto da scelte legate alla quantità di ore lavorate. Ed è evidentemente il primo punto quello sul quale è necessario concentrare gli sforzi.

Una recente analisi della società di consulenza McKinsey ha individuato i sette punti sui quali è necessario focalizzare la politica economica dell’area per recuperare competitività e salvaguardare, mentenendole finanziariamente sostenibili, le indiscusse eccellenze del vecchio continente, come la sostebilità ambientale, il welfare e le politiche di inclusione. Vediamone alcuni.

Innovazione. La spinta alla produttività passa necessariamente attraverso l’innovazione. E le ultime frontiere di quella tecnologica stanno mettendo in seria difficoltà il modello industriale europeo. Il settore automobilistico, quello farmaceutico e quello aerospaziale sono in prima linea sul questo fronte. Ma dei 10 principali campi di innovazione tecnologica individuati da McKinsey, l’Eurozona primeggia solo in due con forti ritardi, per esempio, sull’intelligenza artificiale.

Energia. L’Eurozona importa il 55% (dati 2021) dell’energia necessaria per far funzionare le proprie attività economiche contro il 25% della Cina e l’autonomia energetica degli USA. Gli ultimi eventi geopolitici hanno dimostrato tutta la fragilità dell’area sul tema, evidenziando la necessità di diversificare le fonti di approvvigionamento ed aumentare la capacità di produzione.

Investimenti. Il gap nei finanziamenti esteri diretti tra USA e Eurozona vale un punto percentuale di PIL. Le spese per investimento delle grandi aziende europee nel periodo 2015-2023 sono calate, mentre negli USA sono salite del 30%. In questo stesso periodo l’ammontare di investimenti effettuati dalle grandi aziende USA è stato del 60% superiore a quello delle concorrenti europee. Lo scenario non cambia se si guarda al mondo del private equity e del venture capital, il cui patrimonio gestito è rispettivamente – dati 2022 – del 50% e del 75% inferiore nell’Eurozona rispetto agli USA.

Supply chain. Per la catena di approviggionamento valgono i discorsi fatti per l’energia. Un dato, ricorda lo studio di McKinsey, vale come esempio: della catena del valore dei semiconduttori solo il 10% è attribuibile all’Eurozona contro il 35% degli USA.

A completare la lista di aree nelle quali l’Eurozona si può giocare le proprie carte in termini di competitività nel futuro ci sono il mercato del lavoro (in particolare per quel che riguarda il rapporto tra scuola e lavoro e la valorizzazione dei talenti), la dimensione delle aziende (ancora troppo piccole per competere con la concorrenza statunitense e non solo) e la politica industriale (da ridisegnare di fronte ai cambiamenti geopolitici ed alla sfida climatica).

Illustrazione di Gerd Altmann

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