Banche centrali, verso una nuova e non meno complicata fase

Per le banche centrali si sta per aprire una nuova e non meno complicata fase nella gestione della politica monetaria. Riprendendo lo slogan “higher for longer”, definito oramai un limite all’higher, ora la discussione si sposta sul “longer”.

Una parola emerge dall’ultimo round di riunioni delle principali banche centrali mondiali: pausa. Dopo la BCE, la scorsa settimana è stata la volta della FED (USA) e della BoE (Gran Bretagna). Con l’inflazione non ancora domata ma che cresce con ritmi più sostenibili, la principale preoccupazione degli istituti centrali diventa quella di non compromettere l’economia dei propri paesi. Senza però alimentare premature illusioni di una inversione di rotta. Tradotto: per una riduzione dei tassi di interesse, salvo sorprese, occorrerà attendere ancora diversi mesi.

La Banca d’Inghilterra, ad esempio, nel comunicare la propria decisione di mantenere il proprio riferimento al livello più alto da 15 anni a questa parte, ha ribadito che la natura “vischiosa” dell’inflazione non permette al momento alcuna ipotesi di tagli. E questo anche se – stime dell’istituto governato da Andrew Bailey – l’economia britannica ha un 50% di possibilità di cadere in recessione e la crescita attesa per il 2024 è pari a 0. L’obiettivo, ha dichiarato Bailey, è riportare l’inflazione tendenziale al suo livello “normale”, ossia attorno al 2%. O, aggiungiamo noi, provare a testare la resistenza dell’economia a livelli di carovita leggermente più alti.

Situazione complicata anche per la BCE, che da un lato vede finalmente l’inflazione scendere con un ritmo più deciso (ma la core rimane ancora oltre il 4%) e dall’altro osserva i numeri della crescita economica farsi sempre più piccoli. Tanto che una possibile recessione tecnica tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024 non sembra un’ipotesi così peregrina.

Chi si gode una posizione da privilegiato – esageriamo – è sicuramente il governatore della FED. Posizione non priva di rischi, però. Se il mercato negli ultimi mesi ha supportato la politica monetaria USA grazie ad un forte rialzo dei rendimenti sui titoli di stato, un cambio di narrativa troppo “ottimistico” rischia di rilanciare il rally sui mercati azionari e ridare fiato ad una domanda che, dimostrata la sua grande resilienza, potrebbe tornare a spingere all’insù i prezzi.

Insomma, per le banche centrali la parola tranquillità sembra bandita, e dopo la lotta a colpi di rialzi dei tassi, si apre ora una nuova fase. Complicata. Fatta di capacità di comunicazione e nervi saldi. Agli investitori non resta che focalizzarsi su quel famoso “longer”.

Foto di PublicDomainPictures

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