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Crisi degli immobili commerciali negli USA e non solo: quando il mattone preoccupa

E’ ancora una volta il mercato immobiliare a far tremare gli investitori in queste prime settimane del 2024. Da un lato la delicata situazione del comparto degli immobili commerciali negli USA, dall’altro le potenziali ricadute internazionali della crisi del mattone in Cina. Nel mezzo i numeri pesantemente negativi del settore costruzioni nell’area Euro.

Martedì scorso le agenzie di stampa specializzate hanno dato notizia del tonfo delle obbligazioni di una banca tedesca, la Deutsche Pfandbriefbank AG (PBB). A scatenare le vendite è stata la preoccupazione degli investitori per l’esposizione della banca sul settore degli immobili commerciali negli USA. Si, perchè uffici, negozi e ogni altro genere di immobile con finalità commerciale sul suolo statunitense stanno vivendo un periodo di forte contrazione della domanda, con conseguente perdita di valore e ricadute sugli istituti bancari che su questo settore investono.

Alti tassi di interesse, il boom del lavoro da remoto e la sempre maggior quota di acquisti online sono tra le principali cause di una crisi che nelle scorse settimane a fatto suonare l’allarme in molti istituti statunitensi e non solo. New York Community Bancorp ha visto il suo rating ridotto da Moody’s al livello junk, la giapponese Aozora Bank ha registrato la prima perdita in oltre 15 anni a causa delle risorse spostate a copertura del rischio sul comparto commerciale USA, Deutsche Bank, per lo stesso motivo, ha quadruplicato gli accantonamenti.

I numeri sono considerevoli. Secondo Newmark Group Inc (fonte Bloomberg) l’ammontare di debito a rischio collegato agli immobili commerciali USA si aggira attorno agli 1.2 trilioni di dollari. Ad agitare ancora di più i sonni degli analisti sono le scadenze entro la fine del 2025 di prestiti obbligazionari, europei e statunitensi, per oltre 2,2 trilioni di dollari. Con i prezzi così depressi c’è il serio rischio che una fetta di questi prestiti non possa essere rifinanziata.

Preoccupazioni sul tema sono state espresse anche dal segretario al tesoro statunitense, Janet Yellen, la quale ha comunque sottolineato che si tratta di una situazione gestibile anche se foriera di grossi problemi per i proprietari di questa tipologia di immobili.

Ad aumentare le incertezze su un asset che a livello globale – riferimento il MSCI World Real Estate Index – nel giro di un biennio (2022-2023) ha lasciato per strada il 18% del suo valore, arrivano le nuove puntate della “saga” cinese. Come ben sappiamo il settore immobiliare cinese continua a vivere un momento di forte debolezza. Le società del settore stanno affrontando pesanti ristrutturazioni e lottano per far fronte ai debiti accumulati. E la strada per reperire risorse finanziarie passa anche attraverso la vendita di immobili sparsi per il mondo; e molto spesso a tassi di sconto elevatissimi.

I dati raccontati, ad esempio, dall’agenzia statunitense Bloomberg sono particolarmente significativi. Alla fine del 2023 una società cinese ha venduto un complesso commerciale in Canada con una perdita del 45% rispetto al prezzo di acquisto (di appena un anno prima). Un blocco di uffici nell’iconico Canary Wharf di Londra è stato venduto, due settimane fa, con uno sconto del 60% rispetto al prezzi di acquisto del 2017. Si tratta di operazioni che rischiano di squassare ulteriormente il settore degli immobili commerciali, complicando la gestione della pratica agli istituti bancari più esposti. Non un rischio sistemico, certamente, ma comunque un’ombra in grado di destabilizzare i mercati finanziari.

Foto di Andrzej

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