Dalla FED e dalla BoE arrivano segnali che qualcosa potrebbe cambiare sul fronte della politica monetaria da qui ai prossimi mesi. Dalle comunicazioni emerge una maggiore sensibilità al rovescio della medaglia di una politica restrittiva.
Qualcosa cominicia a cambiare sotto il cielo della politica monetaria. Le banche centrali iniziano a ricalibrare la propria comunicazione, affiancando al tema sempre centrale dell’inflazione quello della necessità di salvaguardare la crescita economica. Un indizio, non ancora un segnale, su cosa ci si può aspettare per il 2024.
Mercoledì scorso sono stati pubblicati i verbali dell’ultima riunione dell FED. Dal famoso Beige Book emergono chiaramente due concetti: l’inflazione non è ancora stata domata e per questo sarà necessario mantenere i tassi di interesse sopra il livello neutrale per un po’; allo stesso tempo – ed è questa la grande novità – nel prendere decisioni sarà necessario tenere in conto dei rischi derivanti dall’eccedere sia in senso restrittivo che in quello espansivo.
Cosa significa tutto questo? Che la FED procederà in maniera molto cauta nei prossimi mesi, non guardando solo ai prezzi ma anche alla condizione del mercato del credito, del lavoro ed ai consumi. In altre parole l’obiettivo principale ora è la soft landing. Il che significa, in parole ancora più semplici, che la banca centrale proverà a dare un colpo alla botte (un altro rialzo verso fine anno se la frenata dei prezzi non si fa più accentuata) ed uno al cerchio nella prima metà del 2024 (un primo taglio dei tassi ma il mantenimento di un livello superiore a quello di neutralità).
L’istituto diretto da J Powell non è il solo a cominciare a ragionare dei rischi derivanti da un livello dei tassi di interesse alto a lungo. Al di qua dell’oceano ci ha pensato la banca centrale inglese a mettere sul tavolo qualche dato. Gli effetti della politica monetaria restrittiva non sono ancora del tutto spiegati sull’economia reale ma già due terzi dei consumatori inglesi hanno ridotto la quota di acquisti non necessari e le vendite al dettaglio crescono soltanto sul fronte del valore e non dei volumi. Nello stesso tempo aumenta il ricorso al credito al consumo, con l’utilizzo di carte di credito salito dell’11.8% annuo nel mese di agosto. E non va meglio per le imprese: secondo i dati della BoE una impresa su due incontrerà una qualche difficoltà ad affrontare gli oneri finanziari derivanti dalle proprie posizioni debitorie entro la fine dell’anno. Meno consumi, meno investimenti e meno occupazione sono i rischi da monitorare ora che la consistente riduzione di liquidità di sistema sta “toccando terra”.
Due indizi non fanno una prova, certo. Ma gli istituti centrali stanno lentamente mandando un segnale ed è quello che da ora in avanti i dati macro saranno pesati in maniera differente.
Foto di Jeyaratnam Caniceus