Dalle minutes della riunione FED di gennaio emerge un atteggiamento di prudenza della banca centrale sulla riduzione dei tassi di interesse, con i governatori che dichiarano di voler attendere ulteriori prove del rallentamento dell’inflazione.
Torniamo ancora una volta sull’argomento tassi di interesse negli USA. Anche se probabilmente nelle ultime settimane le decisioni della FED non sono più il primo driver dei mercati, le aspettative sulle prossime mosse della politica monetaria statunitense rimangono una delle principali fonti di alimentazione del rally sui listini azionari.
Settimana scorsa sono state pubblicate le minutes della riunione del board FED tenutasi a gennaio. Sempre nei giorni scorsi si sono registrate diverse prese di posizione da parte di governatori che di quel board fanno parte. Ed infine, un paio di venerdì fa, sono stati pubblicati importanti numeri relatiti all’indice dei prezzi alla produzione, che per molti aspetti è una sorta di indicatore “anticipatore” dell’inflazione. Proviamo a riassumere il tutto.
La frase centrale del verbale FED è sicuramente la seguente: “Most participants noted the risks of moving too quickly to ease the stance of policy“. Tradotto: la maggior parte dei membri del board ritiene rischioso muoversi troppo velocemente verso un taglio dei tassi. A questa affermazione si aggiunge un particolare interessante, vale a dire che soltanto due governatori hanno sostenuto la tesi secondo la quale è rischioso mantenere troppo a lungo i tassi elevati (tesi sostenuta nei giorni scorsi anche da Mohamed El-Erian).
Una prudenza che stride con molti altri passaggi presenti all’interno del documento (la ripresa robusta, la stabilizzazione del mercato del lavoro e della dinamica dei salari, una tendenza al ritorno dell’inflazione verso il target del 2%) e che si spiega molto probabilmente con la grande incertezza che avvolge i prossimi mesi, tra questioni internazionali e politica interna.
Ecco allora le dichiarazioni di due componenti di spicco nella “sala dei bottoni” FED. Il vice governatore Philip Jefferson e la governatrice Lisa Cook sostengono di essere ottimisti sul raffreddamento dell’inflazione ma che per trasformare questo ottimismo in azione servono ulteriori prove.
Prove che al momento i dati non sembrano essere in grado di dare. Detto del mercato del lavoro che continua a sostenersi su basi estremamente solide, l’attenzione di molti analisti si è posata nei giorni scorsi sull’andamento dell’indice dei prezzi alla produzione. L’indice ha registrato nel mese di gennaio un rialzo superiore alle attese, spinto dalla pressione sui prezzi dei servizi, vale a dire della parte che statisticamente risulta più lenta – e riluttante – a raffreddarsi. Vista la stretta relazione tra alcune componenti dell’indice PPI con quelle di un altro indice, il PCE price Index, il più monitorato dalla FED, si può dire che la prudenza dei governatori FED ha trovato ulteriore linfa e giustificazione.
Foto di William Warby