Mercati finanziari, c’è attesa di recessione? Due dati sembrano dirci di si

Sui mercati finanziari c’è attesa di recessione? Guardando l’andamento nel breve dei listini azionari si sarebbe più propensi al no, ma due dati fanno riflettere.

I dati macroeconomici di questo periodo assomigliano molto al meteo di queste prime settimane di primavera. Si alternano, infatti, numeri che fanno pensare ad un’economia mondiale in grado di superare in maniera più o meno indenne la fase di alta inflazione, a numeri che invece disegnano nuvole grigio scure all’orizzonte.

La volatilità dei dati macro è figlia di diversi fattori, come ricordava in settimana l’Economist. Ed è, se vogliamo, la diretta conseguenza di un periodo, un triennio o forse qualcosa in più, denso di eventi straordinari. Tutto questo, però, non può non riflettersi anche sui mercati finanziari, ma qui i segnali più interessanti sembrano puntare in maniera decisa verso il cielo grigio anzichè su una giornata di sole.

Prendiamo come sempre gli USA come terreno di riferimento. L’indice S&P500 ha guadagnato in un mese qualcosa come il 6%, eppure se si va a guardare la situazione del suo contratto future più diffuso, l’e-mini, le considerazioni che si possono fare non sono certamente tranquillizzanti. Stando ai dati CFCT, come riporta l’agenzia Bloomberg, le posizioni short nette sullo S&P500 e-mini hanno toccato e superato quota 300 mila. Per vedere numeri simili occorre scorrere la statistica fino al novembre del 2011.

Cosa significa? Che i fondi speculativi stanno scommettendo in maniera piuttosto massiccia su uno S&P500 calante nei prossimi mesi. E se non bastassero gli hedge funds, si possono consultare i dati sui flussi in entrata nel comparto degli ETF. Il Dirextion Daily S&P500 Bear 3X, un etf – per dirla semplice -che guadagna 3 volte il movimento al ribasso dell’indice di riferimento, ha visto nella sola giornata di giovedì scorso un incremento di capitale di 285 milioni di dollari. E Goldman Sachs ha registrato un significativo deflusso di soldi da fondi comuni e derivati investiti nell’azionario USA.

L’impressione è che una buona parte degli investitori stia attendendo l’arrivo dell’onda e prudentemente preferisca farlo a qualche decina di metri sopra il livello del mare. Fuor di metafora, la possibilità di una recessione in arrivo (l’onda) verso la fine dell’anno si fa sempre più concreta e non sapendo ancora decifrare quale possa essere la sua intensità (e le conseguenze sui mercati finanziari) si preferisce mettere qualche paletto a difesa del proprio portafoglio.

A confermare questa impressione sono anche gli ultimissimi dati del sondaggio BofA di aprile. Le risposte date dai gestori intervistati sono piuttosto eloquenti. Intanto per il 63% del campione le attese sono per una situazione economia che peggiora nei prossimi mesi. Per trovare una percentuale di questa entità occorre tornare al dicembre del 2022 (nel bel mezzo della strigliata FED). Per quel che riguarda i portafogli, il sondaggio di Bank of America rivela che il rapporto tra azioni ed obbligazioni è sceso al suo minimo dal fatidico 2009. Anche qui l’idea di fondo sembra evidente: in caso di arrivo di una recessione diventa probabile un cambio di strategia da parte delle banche centrali ed a beneficiarne maggiormente sarebbero i prezzi delle obbligazioni, depressi dalla forte stretta monetaria.

Che gli investitori non sembrino fidarsi più di tanto dell’azionario è una sensazione che emerge anche leggendo i dati delle analisi di KBMeter. In quella globale si nota come nel breve e medio termine gli asset più gettonati rimangano liquidità ed oro.

Foto di Angelo Giordano

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