Il rimbalzo dell’economia nel post pandemia e l’inflazione non hanno mancato di far sentire i propri effetti sulle dinamiche del debito globale, ma la piccola pausa di ristoro non basta a scacciare le tante preoccupazioni.
Da qualche mese Nouriel Roubini continua a ripetere che la situazione del debito globale non è cosa da far dormire sonni tranquilli e che proprio da quel fardello gigantesco può sgorgare una recessione piuttosto complicata. Già, il debito globale, un argomento che periodicamente ritorna anche nel nostro blog e che in uno scenario di tassi di interesse in rialzo e di inflazione non può non giocare un ruolo sull’evoluzione macro del 2023 e oltre.
Gli ultimi dati arrivano dal Fondo Monetario Internazionale e ci raccontano di come le variabili macroeconomiche dell’ultimo biennio abbiano modificato o meno la situazione. L’ultimo aggiornamento del Global Debt Monitor ci dice innanzitutto che alla fine del 2021 la massa complessiva di debito pubblico e privato corrispondeva al 247% del PIL mondiale. Un numero alto, più alto rispetto all’anno immediatamente precedente alla pandemia, ma in calo rispetto al 2020; ben 10 punti percentuali in meno. Il debito pubblico globale era sceso al 96% del PIL mondiale dal 100% del 2020 e quello privato al 153% della ricchezza lorda prodotta complessiva dal 160% dell’anno precedente.
Un calo omogeneo ma più marcato nelle economie avanzate, dove sia la componente pubblica che quella privata hanno registrato una riduzione del 5% del rapporto debito/pil (1/3 della crescita registrata nel 2020). Nelle economie emergenti, invece, la componente privata ha registrato un calo superiore rispetto a quella pubblica.
Come detto la situazione è in miglioramento ma il rapporto debito/Pil, nel complesso, risulta ancora 19 punti percentuali sopra i livelli pre-pandemia. Il trend, quindi, non si è certo invertito ma piuttosto ha subito un rallentamento. Da cosa è dipeso questo rallentamento? L’FMI lo spiega come effetto del dispiegarsi di tre fattori: il rimbalzo delle economie nell’immediato dopo-pandemia che ha ridotto la “fame” di credito ed aumentato il denominatore del rapporto; l’alta inflazione che ha ridotto in termini reali il peso del debito e “gonfiato” il Pil nominale; il cambio di rotta della politica fiscale fattasi meno espansiva.
Nel complesso la crescita economica ha ridotto il rapporto debito/pil tra il 2% ed il 3,5%, mentre l’effetto inflazione può essere stimato tra l’1.5% ed il 3%.
Fin qui i numeri a fine 2021. Su questo scenario occorre poi far planare la politica monetaria restrittiva adottata dalla maggioranza delle banche centrali mondiali e la persistenza dell’inflazione. Elementi che rendono complicata – in inglese si potrebbe dire challenging – la gestione di un debito quasi triplo rispetto al prodotto interno lordo mondiale e che dovrebbe indurre la politica fiscale ad utilizzare il deficit con molta parsimonia.
Foto di Olya Adamovich