Deflazione o stagflazione? Sui prezzi l’unica cosa certa è l’incertezza

Nell’acceso dibattito che vede opposte le ipotesi di deflazione e stagflazione sembrano mescolarsi argomenti di breve e lungo periodo, applicando schemi vecchi ad una situazione totalmente nuova.

Abbiamo visto la scorsa settimana che sul fronte dei prezzi le opinioni di economisti e operatori finanziari sono opposte. C’è chi parla di deflazione e chi di stagflazione. Tutto gira attorno alla transitorietà, o meno, dell’attuale aumento dell’inflazione. Ma a ben guardare tutto sta nel capirsi su cosa si intenda per transitorio. In altre parole bisogna mettersi d’accordo sulla durata dell’orizzonte temporale che definisce un fenomeno transitorio.

La scorsa settimana il governatore della Fed di Atlanta, Raphael Bostic, è intervenuto ad un evento organizzato dal Peterson Institute for International Economics con un salvadanaio di vetro al quale era appiccicata la scritta “transitory”. Ogni volta che il governatore pronunciava la fatidica parola, una monetina usciva dal suo taschino ed andava a depositarsi sul fondo del salvadanaio. Ecco il messaggio: dimentichiamoci della parola transitorio, perchè vuol dire tutto e vuol dire niente. Punto.

Ma allora sarà un’inflazione che rimarrà a lungo oppure no? Liberati dalla “schiavitù” del transitorio possiamo osservare con più obiettività il percorso che i prezzi stanno compiendo. Introducendo due concetti che permettono di fare un po’ d’ordine: breve periodo e lungo periodo.

Nel breve periodo le difficoltà dal lato dell’offerta stanno esercitando una notevole pressione sui prezzi. Allo stesso tempo il faticoso incrocio tra domanda ed offerta di lavoro, in larga parte effetto della pandemia, sta facendo salire – moderatamente – i salari. Non ultimo, il mercato immobiliare vive un momento di forte espansione, con offerta scarsa che si tramuta anche in un aumento dei canoni di locazione. Verosimilmente una normalizzazione della situazione non sarà possibile se non nella seconda parte del 2022. E data la vischiosità dei prezzi, termine che esprime la loro lentezza di adattamento ai nuovi equilibri tra domanda ed offerta, non dovremo attenderci un ritorno ai livelli inflattivi “pre-pandemia” per ancora un altro bel po’ di tempo, sempre ammesso che si possa tornare a quei livelli. Il punto è: quanto i consumatori resisteranno alla tentazione di adeguare le loro aspettative di inflazione all’attuale ritmo di crescita dei prezzi (causando a loro volta nuova inflazione)? E quanto saranno brave le banche centrali a monitorare le aspettative e mantenere i nervi saldi di fronte al progressivo allontanamento dal target di inflazione (la BoE sembra sull’orlo di cedere, ad esempio)? In altri termini, qual è il grado di sopportazione sul fronte dei prezzi che l’economia mondiale può sostenere? Al momento non c’è una risposta e chi parla di stagflazione sta, in buona fede, applicando schemi vecchi ad uno scenario totalmente nuovo.

Se ci proiettiamo sul lungo periodo, invece, sembra delinearsi una vera e propria battaglia tra due forze contrapposte. Da un lato ci sono una serie di fattori che hanno le potenzialità per spingere verso il basso i prezzi. Tra queste vi sono sicuramente le forze innovative in grado di aumentare la produttività e ridurre i costi citate da Woods. Dall’altro lato il mondo dovrà fare i conti con risorse sempre più scarse ed intermittenti, a causa della crescita della domanda (ricordiamo le proiezioni sulla crescita della classe media nel mondo) e dei cambiamenti climatici (con l’energia e l’inflazione dei beni alimentari tra i principali attori). Qui l’esito è del tutto incerto, tanto incerto da farci chiudere ricordando la “definitiva” definizione di “lungo periodo” data dal buon Keynes.

Illustrazione di mohamed Hassan

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