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Rieccola. Si torna a parlare di deflazione

Sembra quasi un controsenso. Mentre i prezzi dell’energia accelerano al rialzo ed alcune banche centrali sono pronte a metter mano ai tassi di interesse, nei piani alti della finanza si torna a parlare di deflazione.

In realtà il dibattito sul possibile andamento dei prezzi è ancora lì sul tavolo e nelle ultime settimane si è arricchito di nuovi spunti. Da un lato chi vede nell’attuale situazione l’eco della vampata inflazionistica a crescita zero degli anni 70 dello scorso secolo Dall’altro lato chi considera quanto accade in questi mesi un fenomeno temporaneo e si concentra sulle tendenze di lungo periodo che la pandemia ha, in un certo senso, messo in pausa, e torna a parlare di deflazione.

Entrambi i “partiti” sono rappresentati da nomi illustri. Tra gli “inflazionisti” c’è un ex ministro delle finanze statunitense come Larry Summers ed un gestore di prestigio come Mohamed Aly El-Erian. Tra i “deflazionisti” spicca la voce di Cathie Wood, di ARK, e quella della maggioranza dei CIO del settore assicurativo, almeno stando ai risultati dell’ultimo sondaggio condotto da KKR.

Gli “inflazionisti” vedono nel comportamento delle banche centrali e dei governi una delle principali fonti di instabilità dei prezzi. Una politica fiscale troppo espansiva ed una politica monetaria troppo focalizzata sull’occupazione sono micce potenzialmente disastrose per l’inflazione. Torneremo nei prossimi giorni su questa possibile scenario.

La versione “deflazionista” è ben rappresentata dal pensiero espresso qualche settimana fa da Cathie Wood in un’intervista rilasciata a Bloomberg. Adottando uno sguardo di lungo periodo, deformazione professionale di chi sul futuro sta basando le sue strategie di investimento, Wood individua nell’innovazione la matrice di 5 forze in grado di abbassare i prezzi nel prossimo futuro. Intelligenza artificiale, blockchain, sequenziamento del DNA, robotica e immagazzinamento dell’energia elettrica (le batterie delle auto elettrica in particolare). Queste forze hanno da un lato la capacità di migliorare la produttività dell’economia, riducendo i costi e producendo una “deflazione buona”; dall’altro lato evidenzieranno le debolezze dell’attuale sistema produttivo, spesso basato su politiche di dividendo anche a discapito dell’innovazione. Il risultato sarà una selezione naturale molto accentuata delle imprese sul mercato, con un progressivo accorciamento della loro vita media e le immaginabili conseguenze su occupazione e consumi.

Nel breve termine, invece, Wood descrive una sorta di effetto elastico generato dalla pandemia e, ancor prima, favorito dalla crisi commerciale tra USA e Cina. In una prima fase l’elastico si è tirato dalla parte della domanda con l’aumento dei risparmi delle famiglie a cui ha fatto seguito la diminuzione delle scorte da parte delle imprese. Poi il ritorno “fortissimo” della domanda – l’elastico che si rilascia – ha trovato le imprese incapaci di farvi fronte. Ora l’elastico si sta tirando nuovamente, ma questa volta dal lato dell’offerta. Sull’onda dei forti volumi di domanda sperimentati in questi mesi, le imprese stanno aumentando le scorte, a volte ben oltre le reali necessità, causando un accentuato aumento dei prezzi. L’ultima fase di questo processo vedrà la domanda ridursi a causa dei prezzi troppo alti. L’eccesso di offerta farà il resto.

Foto di pasja1000

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