Cambiamenti climatici. Fare i conti con i cigni verdi

In finanza, come nella vita di tutti i giorni, conoscere i rischi a cui ci espongono determinate situazioni, permette di approntare le opportune strategie per mitigarne gli effetti. I cambiamenti climatici non fanno eccezione, occorre prepararsi a fare i conti con quelli che la BIS ha definito cigni verdi.

In questi giorni, complice anche il WEF di Davos, sono stati pubblicati diversi report incentrati sull’individuazione e la quantificazione dei rischi legati ai cambiamenti climatici e sulle possibili modalità per affrontarli. Dai cigni verdi della BIS alle analisi di scenario condotte dalla società di consulenza McKinsey. Impossibile riassumere in poche righe i tanti spunti che arrivano da questi documenti, vi invitiamo a leggerli e ci limitiamo ad alcune considerazioni.

Partiamo dal report McKinsey titolato “Climate risk and response: Physical hazards and socioeconomic impacts“. L’analisi cerca di indagare l’impatto delle differenti tipologie di rischio connesse al climate change su diversi settori strategici: qualità della vita e del lavoro, approvigionamento di cibo, capitale immobiliare, infrastrutture e risorse naturali. Per farlo gli analisti di McKinsey sono partiti da uno scenario, il peggiore possibile, con il più alto livello di emissioni di CO2, analizzando la situazione di 105 paesi in tutto il mondo.

I risultati sono impressionanti e qui ricordiamo solo alcuni dati. In India, senza elementi mitigatori, nel 2030 una fetta di popolazione tra i 160 e i 200 milioni avrà 5 possibilità su 100 di sperimentare ondate di calore estreme. L’innalzamento della temperatura degli oceani avrà notevoli ripercussioni sulle attività di pesca e di conseguenza – sempre nel 2030 e sempre senza elementi mitigatori presenti – dai 650 agli 800 milioni di persone, impiegate a vario titolo nel settore ittico, sperimenteranno una considerevole perdita di reddito.

Nella città di Ho Chi Minh, scrivono gli autori, i danni alle infrastrutture provocati dalle inondazioni potrebbero passare dai 100/300milioni attuali ai 500/1000 milioni di dollari nel 2050.

Il rapporto sottolinea come, a livello socioeconomico, tutti e 105 i paesi analizzati subiranno, entro il 2050, una qualche sorta di effetto negativo dovuto ai cambiamenti climatici. Tutto questo inciderà sulla capacità economica dei paesi coinvolti e porterà con sé un considerevole aumento dei costi assicurativi. Solo in Florida l’esposizione del patrimonio immobiliare ad inondazioni più frequenti comporterà una perdita di valore dal 15% al 35%, sempre entro il 2050.

In una situazione di questo genere i paesi con minor ricchezza pro-capite saranno quelli più colpiti, con le conseguenze sociali che si possono immaginare.

I rischi legati ai cambiamenti climatici sono al centro anche dell’ultimo lavoro della Bank for International Settlements (BIS). Il titolo del report è significativo: The green swan. Central banking and financial stability in the age of climate change.

Le banche centrali, in qualità di istituzioni preposte a governare il sistema finanziario, sono chiamate ad una duplice sfida: da un lato spingere gli operatori economico/finanziari a comportamenti sostenibili; dall’altro il doversi trovare ad agire da – testuale – organismi di salvataggio climatico di ultima istanza (“climate rescuers of last resort”), nel tentativo di porre rimedio ad eventi di portata catastrofica in assenza di interventi da parte di altre istituzioni.

In finanza esiste un termine, cigno nero, con il quale si identifica un evento al di fuori dal normale range di previsione, caratterizzato da un alto impatto sul tessuto economico/finanziario ed impossibile da spiegare prima che accada. La BIS prende a prestito questo concetto e parla di cigni verdi in riferimento ad eventi catastrofici, collegati ai cambiamenti climatici, capaci di portare ad una crisi del sistema finanziario.

Di fronte ad un cigno verde le Banche centrali potrebbero trovarsi nella necessità di intervenire per salvare la stabilità dei prezzi e dei mercati finanziari. Ad esempio acquistando gli assets più colpiti dall’evento, pensiamo ai titoli governativi di un paesi messo in ginocchio da un evento atmosferico estremo; e mettendo in campo stimoli monetari di sostegno all’economia (dal QE fino all’helicopter money).

La BIS avverte, però, che questa modalità di intervento potrebbe non bastare ed è urgente porre in atto una serie di azioni preventive. Per fare ciò c’è bisogno di unità d’intenti tra governi, autorità finanziarie e settore privato.

E l’investitore come deve comportarsi di fronte a tutto questo? I rischi derivanti dai cambiamenti climatici sono oramai, a tutti gli effetti, anche rischi finanziari e come tali devono essere analizzati ed affrontati. Di questo torneremo a parlarne presto.

Foto di Jody Davis

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