L’ultima arma delle banche centrali. L’helicopter money

Nella sua ultima apparizione da governatore della BCE davanti alla commissione finanze del parlamento europeo, Mario Draghi è tornato a sollecitare l’intervento della politica fiscale per rianimare la domanda. Ma se i governi dovessero fare spallucce ed il ciclo economico continuasse a peggiorare, potrebbe essere la volta dell’ultima arma delle banche centrali: l’helicopter money.

Come si rianima la domanda interna? Domanda da 100 milioni di dollari. Forse, possiamo azzardare, rassicurando i cittadini sul futuro e mettendo nelle loro mani più soldi. Più soldi e qualche certezza possono aumentare i consumi e questi, in un circolo virtuoso, hanno effetti positivi sulla produzione e sull’occupazione. Il lavoro e la crescita non si creano per decreto ma la domanda, forse, un po’ si.

Quale istituzione si deve occupare di sostenere la domanda? Il dibattito è acceso. La politica monetaria “tradizionale” non è sufficiente, i fatti sembrano dimostrarlo. Occorre un’attività di stimolo fiscale che agisca più in profondità. Per utilizzare una metafora, potremmo paragonare la politica monetaria al fertilizzante sparso sul terreno. Utilissimo per le piante ma non sufficiente per ottenere una resa ottimale; per avere un raccolto abbondante è necessario agire direttamente sulle piante, ad esempio con un’adeguata potatura (che fuor di metafora sarebbe il lavoro della politica fiscale).

Nel suo ultimo discorso al parlamento europeo, Mario Draghi è tornato ad insistere sulla necessità che i paesi “virtuosi” mettano sul piatto un adeguato programma di stimolo fiscale ai consumi. Con i tassi negativi ed il quantitative easing rilanciato per novembre, la banca centrale ha ormai margini di manovra strettissimi sulla leva monetaria. Certo, potrebbe continuare ad abbassare i tassi, ma il rischio assuefazione è dietro l’angolo. La “santabarbara monetaria” è in esaurimento, a meno che la BCE non inizi ad occuparsi anche di politica fiscale, ed è questa l’ultima arma delle banche centrali.

L’ipotesi non è così balzana, se è vero che a sostenerla è un numero sempre maggiore di analisti ed investitori (da ultimi Ray Dalio e Stanley Fisher), convinti che il potere monetario debba collaborare con quello fiscale in maniera più stretta, con il secondo che potrebbe delegare qualcosina al primo. Lo strumento ipotizzato ha un nome ben preciso: Helicopter Money; e l’avevamo già incrociata in questo blog qualche anno fa.

Could ‘helicopter money’ benefit the economy? Se lo chiede Kristina Hooper, di Invesco, in un report di qualche giorno fa. Il ragionamento è il seguente. In assenza di politica fiscale e dato che il quantitative easing non da certezze sul fatto che la liquidità rilasciata finisca negli ingranaggi dell’economia reale, il fornire liquidi direttamente ai cittadini ed alle imprese o sostenere investimenti diretti in infrastrutture da parte della banca centrale potrebbe essere lo strumento più efficace.

L’helicopter money si configurerebbe come un “ibrido” monetario/fiscale in grado di riattivare la domanda dove le potenzialità sono maggiori. Da Invesco ci ricordano come uno studio del Congressional Budget Office statunitense calcoli in 1,8 l’effetto leva di un dollaro investito in infrastrutture. Significa che per ogni dollaro impegnato, il ritorno per l’economia è di 1,8 dollari.

L’operazione non è né semplice né indolore, si tratta di uno strumento altamente inflazionistico e la commistione tra politica fiscale e monetaria presenta forti dubbi di opportunità. Lo stesso Mario Draghi ha ricordato poco tempo fa come il trasferimento di denaro ai privati sia compito della politica fiscale e non di quella monetaria. Ma in casi di estrema necessità…

Foto di Jolan Ducommun

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