Il tasso di interesse naturale o neutrale, noto come r*, è definito come il tasso di interesse reale che non è né espansivo né restrittivo per l’economia. Ossia, è quel tasso di interesse che crea un equilibrio tra crescita economica e inflazione, garantendo che l’economia operi a piena occupazione senza surriscaldarsi o contrarsi. Non si tratta di una variabile macroeconomica osservabile, ma di un concetto teorico che dipende da molte variabili.
Questo tasso naturale è importante per la politica monetaria della BCE, poiché fornisce un punto di riferimento per valutare l’orientamento della politica stessa. È relativamente al livello di r* che si definisce se una politica monetaria è espansiva (tassi più bassi del tasso naturale) o restrittiva (tassi più alti del tasso naturale). Nel contesto attuale, il livello di r* diventa importante per stimare il margine che la BCE ha a disposizione per abbassare i tassi senza cambiare intonazione alla propria politica monetaria. In altri termini si può dire che la differenza tra l’attuale livello dei tassi ed il tasso naturale rappresenta il numero di proiettili, ossia di tagli dei tassi, ancora presenti nella cartucciera della banca centrale per dare fiato all’economia continuando a contrastare l’inflazione.
Ecco perchè l’annunciato documento preparato da Claus Brand, Noëmie Lisack e Falk Mazelis era particolarmente atteso dagli analisti. La stessa Christine Lagarde lo aveva presentato come uno strumento importante per le prossime mosse di Francoforte. E allora vediamo cosa dice questo studio.
Lo studio evidenzia che le stime di r* per l’area dell’euro mostrano una tendenza al ribasso negli ultimi decenni, influenzata da fattori strutturali come l’invecchiamento demografico, la bassa produttività e una maggiore propensione al risparmio. Questi elementi hanno contribuito a ridurre il tasso naturale, limitando lo spazio di manovra della politica monetaria tradizionale.
La BCE utilizza vari modelli econometrici per stimare il tasso naturale, ciascuno con i propri punti di forza e limiti. Ad esempio, alcuni modelli si basano su dati macroeconomici come il prodotto interno lordo (PIL), l’inflazione e i tassi di interesse reali, mentre altri incorporano variabili finanziarie o demografiche. Nonostante le differenze metodologiche, tutte le stime indicano un livello attualmente basso di r* nell’area dell’euro. In termini numerici, riportano gli autori, il tasso di interesse neutrale varia tra l’1,75% e il 3%, utilizzando i dati più recenti la forchetta si sposta verso il basso e si colloca tra l’1,75% e il 2,25%.
Lo studio conclude che, data l’incertezza associata alle stime di r*, la politica monetaria non dovrebbe fare eccessivo affidamento su un singolo modello o su una singola stima di r*. Invece, è preferibile adottare un approccio che consideri una gamma di modelli e indicatori, mantenendo una certa flessibilità nell’implementazione delle misure di politica monetaria. Inoltre, la BCE riconosce l’importanza di politiche strutturali complementari, come riforme che migliorino la produttività e incentivino l’innovazione, per contrastare la tendenza al ribasso di r* e sostenere la crescita economica a lungo termine.
In conclusione? Se la speranza era quella di avere un’idea precisa di quanti tagli “gratis” fossero a disposizione della BCE, allora la speranza è andata beatamente delusa. Lo studio ci suggerisce che la tendenza è ad un abbassamento del tasso neutrale, avvertendo che è necessario guardare a questo parametro con la dovuta flessibilità. Mettendo tutto assieme, questo consente di ipotizzare la presenza di ulteriore spazio di manovra per l’istituto centrale.
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