Il Superbonus, introdotto durante la pandemia, offriva un credito d’imposta fino al 110% per specifici interventi edilizi, in particolare per miglioramenti dell’efficienza energetica e della resilienza sismica. Sebbene sia giusto sottolineare che il provvedimento ha stimolato l’occupazione e promosso il risparmio energetico, occorre anche ricordare come la sua applicazione, dalle maglie fin troppo larghe, e la mancanza iniziale di controlli abbiano causato squilibri sui conti pubblici, sulle dinamiche del mercato immobiliare ed anche sui costi di costruzione.
Un recente studio della Banca d’Italia* ha focalizzato l’attenzione proprio sugli effetti del Superbonus sui prezzi nel settore delle costruzioni. Francesco Corsello e Valerio Ercolani hanno confrontato i dati dell’ENEA e dell’ISTAT per capire la relazione tra il bonus statale ed i prezzi degli input nel settore edilizio. L’analisi mostra come l’indice dei costi di costruzione (CCI) sia cresciuto di circa il 20% dopo lo scoppio della pandemia e di circa il 13% dopo il settembre 2021, mese da quale inizia la serie ENEA sul Superbonus. La prima decisa accelerazione del CCI si è verificata nel corso del 2021, quando gli incentivi per la ristrutturazione edilizia hanno iniziato a essere utilizzati dal pubblico in quantità rilevanti. Inoltre, la prima metà del 2022 ha visto una crescita decisa sia del CCI che delle richieste di Superbonus.
Proseguendo nell’analisi, gli autori hanno calcolato che il Superbonus ha un effetto statisticamente significativo e positivo sui costi di costruzione. In particolare, il coefficiente relativo al Superbonus è di circa 0,07, un valore che rappresenta l’elasticità della crescita del CCI agli investimenti ammissibili al Superbonus. Prendendo in considerazione tutto il paniere dei prezzi delle materie prime del settore, lo studio mostra che i coefficienti associati sono generalmente positivi e significativamente diversi da zero.
In definitiva è statisticamente provato che l’applicazione del Superbonus ha avuto tra i suoi effetti quello di far salire i costi di costruzione. Circa 5 punti percentuali della crescita totale del CCI nel 2022 può essere attribuita al Superbonus; a fine 2023 questo contributo è salito a circa 7 punti percentuali, vale a dire la metà dell’aumento complessivo del CCI di quell’anno.
Il paper della Banca d’Italia ricorda che l’incremento dei costi di costruzione in Italia, anche con l’effetto del Superbonus, è stato comunque inferiore rispetto a quello registrato in altri paesi dell’area. Un po’ per la maggior difficoltà di reperire le materie prime negli altri paesi, un po’ per la situazione di contrazione nella quale il settore si trovava in Italia.
In termini macroeconomici, conclude il paper, il Superbonus ha avuto effetti redistributivi non solo a favore dei proprietari di case, ma anche delle imprese coinvolte nelle attività correlate al settore delle costruzioni. La sua incidenza sull’andamento dei costi di costruzione, inoltre, alimenta i dubbi sulla sua sostenibilità di lungo periodo.
Al di là della polemica politica, da un punto di vista strettamente economico, la strada dei bonus statali sembra molto complicata da seguire, ma questo non significa che debbano essere visti come elemento soltanto negativo. Vi è la necessità di un’attenta valutazione delle politiche di incentivazione fiscale, prevendendo serie strutture di controllo ed un’adeguata selezione della platea dei fruitori.
*Corsello, F and V Ercolani (2024), “The role of the Superbonus in the growth of Italian construction costs”, Bank of Italy Occasional Paper No. 903.
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