Outlook Fondo Monetario Internazionale, tra ottimismo e nubi grigie

L’aggiornamento dell’outlook del Fondo Monetario Internazionale presenta un’economia mondiale che continua a rimanere sospesa tra molteplici rischi di caduta e qualche nuovo punto d’appoggio. Un anno, il 2023, oscillante tra ottimismo e nubi grigie.

Partiamo dal numero principale. L’economia mondiale nel 2023 dovrebbe crescere del 3%, una percentuale inferiore di cinque decimi rispetto all’anno scorso ma rivista al rialzo rispetto alla precedente stima di aprile. Una percentuale che dovrebbe confermarsi anche nel 2024, in linea con quanto stimato nel precedente outlook primaverile.

A far propendere il Fondo Monetario Internazionale verso una visione leggermente più rosea dell’andamento della congiuntura globale sono soprattutto due fattori: una riduzione dei rischi per il sistema finanziario ed un aumento delle probabilità di soft landing per l’economia statunitense. Sul primo fronte, sostiene l’FMI, l’accordo sul limite del debito negli USA ed una gestione rapida ed efficace delle crepe nel settore bancario (negli USA ed in Svizzera) hanno allentato la pressione sulla capacità di tenuta del sistema finanziario internazionale. Sul secondo fronte, la probabilità che l’economia statunitense sperimenti nei prossimi 12 mesi una fase recessiva è calata.

Ma le buone notizie finiscono qui. Come ha spiegato il capo-economista del Fondo, Olivier Gourinchas, la crescita prevista nel biennio 2023-2024, rimane pur sempre di 8 decimi inferiore rispetto a quella registrata nel biennio pre-pandemia. In altre parole l’economia mondiale cresce si, ma lo fa con ritmi molto compassati. E all’orizzonte rimangono ancora molte incertezze, prima su tutte l’inflazione ed i conseguenti tassi di interesse elevati; e poi la Cina con la sua domanda interna zoppicante.

Sul fronte inflazione il discorso non può non coinvolgere anche la questione grano. L’accordo non rinnovato tra Ucraina e Russia sul passaggio delle navi cargo nel Mar Nero è una minaccia molto seria per i prezzi (e non solo, ovviamente). Secondo l’IFM la questione può far aumentare i prezzi del grano tra il 10% ed il 15%. Un elemento pericoloso se si considera, continua l’outlook del Fondo Monetario Internazionale, che l’inflazione sta scendendo prevalentemente grazie al calo dei prezzi delle componenti più volatili. La parte core, infatti, si sta dimostrando generalmente molto più vischiosa e lenta a ridurre le sue percentuali di variazione annua.

Per quel che riguarda la Cina, invece, il Fondo conferma una crescita per il 2023 superiore al 5% ma la tendenza è per un indebolimento. A pesare sulla macchina cinese sono soprattutto tre fattori: il mercato immobiliare che frena gli investimenti, un aumento della disoccupazione giovanile e la domanda estera fiaccata dalla congiuntura internazionale.

Nel frattempo, nel vecchio continente, la situazione si fa sempre più cupa per quella che fino a qualche anno fa era considerata la locomotiva dell’economia europea: la Germania. Nel 2023, stima il Fondo, l’economia tedesca rischia una contrazione dello 0.3% (peggio del -0.1% stimato in aprile). E questo mentre il blocco dovrebbe crescere dello 0.8% ed anche la Gran Bretagna potrebbe registrare una crescita di sette decimi. In altre parole, la Germania rischia di essere l’unico tra i paesi del G7 a non crescere nell’anno in corso, pagando a prezzo alto un primo semestre dell’anno nerissimo.

Foto di Gerd Altmann

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