La Cina e quel nuovo dominio sulla ricerca in energia pulita

Secondo i dati di un recente paper preparato per conto della Commissione Europea, la Cina ha superato l’UE nella ricerca in materia di energia pulita e domina per quantità di investimenti. Numeri che difficilmente una politica commerciale protezionistica possono contrastare.

Qualche giorno fa il patron di Tesla, Elon Musk, ha dichiarato che senza una politica di barriere commerciali l’industria automobilistica cinese metterà fuori mercato gran parte dei suoi rivali. Ma la narrazione secondo la quale il successo cinese starebbe nel contenimento dei costi ottenuto, anche, attraverso l’uso illegittimo di tecnologia occidentale, rischia di diventare una scusa dietro la quale nascondere un altro problema: non si investe abbastanza. E questo vale per il settore automobilistico ma anche per il variegato mondo dell’energia pulita, dove la Cina la sta facendo letteralmente da padrona.

Secondo gli ultimi dati diffusi dalla società Bloomberg NEF, nel 2023 gli investimenti globali nella transizione energetica hanno toccato gli 1,8 trilioni di dollari, crescendo del 17% rispetto all’anno precedente. Di questi quasi 700 miliardi sono stati spesi in Cina, mentre Europa e USA si sono fermati rispettivamente a 340 e 303 miliardi di dollari, pur mettendo a segno un +22% combinato rispetto all’anno precedente contro il +6% della Cina.

Ma c’è un altro dato che fa riflettere e mette in seria difficoltà l’idea che possa in qualche modo bastare una politica protezionistica ad evitare l’onda cinese nella green economy. Nel paper preparato da Frank Vandermeeren per la Commissione Europea dal titolo “Understanding EU-China exposure” emerge un elemento molto interessante. La spesa in ricerca e sviluppo in Cina è più che raddoppiata negli ultimi venti anni arrivando a superare quella dell’UE in termini di percentuale di PIL. Nel 2021 le pubblicazioni peer-reviewed cinesi su argomenti quali l’energia solare ed eolica o le batterie al litio hanno superato quelle europee (dominanti nel periodo 2000-2018). Secondo gli ultimi dati disponibili, citati dal paper, il 25% delle pubblicazioni scientifiche sul clima e le tecnologie per l’energia pulita viene dalla Cina; il 20% sono europee e l’11% statunitensi. Tra le ricerche più citate il 16% è cinese contro il 15% degli USA ed 14% dell’UE.

In definitiva, anche ammettendo una sorta di “doping” iniziale, i numeri ci dimostrano che l’impegno cinese sul fronte dell’energia pulita è profondo e strutturato. La domanda che ad occidente dovrebbe risuonare perentoria è: di fronte a tutto questo basta una politica commerciale protezionistica?

Foto di Ken Chuang

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