Quel debito “a rischio” presente sul mercato

La permanenza dei tassi di interesse su livelli elevati per molto tempo mette a rischio un pezzo consistente di debito presente sul mercato.

Gli ultimi dati relativi all’inflazione nelle principali aree economiche del mondo sembrano segnalarci un generale calo della pressione sui prezzi pur in presenza di “sacche di resistenza”, specie sul fronte dei generi alimentari e dei servizi. Una situazione che potrebbe indurre le banche centrali ad adottare per qualche mese una linea attendista ma che al momento non sembra dare alcuna possibilità ad una vera e propria inversione della politica monetaria. In parole semplici i tassi di interesse sono destinati a rimanere elevati per un periodo di tempo ancora piuttosto lungo.

La quantificazione di questo arco temporale potrebbe differire da caso a caso, con gli USA che potrebbero vedere un primo taglio dei tassi nella seconda metà del 2024, mentre sembrano molto più distanti interventi espansivi per la BCE e la BoE.

Tassi sopra il livello di neutralità significano certamente riduzione dell’inflazione, ma portano in dote anche una sensibile riduzione della domanda aggregata ed una fase di fibrillazione sul fronte finanziario. In particolare, in questi casi, la combinazione di tassi elevati e domanda in calo può ripercuotersi sulla sostenibilità dei debiti aziendali con il rischio, nello scenario peggiore, di un effetto domino capace di innescare una vera e propria crisi finanziaria (la storia dei periodi di alta inflazione sembra indicarci proprio questo).

Da questo punto di vista fanno riflettere i numeri che nei giorni scorsi l’agenzia Bloomberg ha pubblicato proprio sulla quantità di debito “a rischio” presente sul mercato. I prestiti e le obbligazioni prezzati sotto la soglia dell’80% del valore nominale sfiorano la soglia dei 600 miliardi di dollari, di cui una parte consistente (oltre 160 miliardi) riguarda il settore dell’immobiliare. Numeri importanti che diventano ancora più interessanti se letti assieme ad altri numeri. Ad esempio quello che ci ricorda che la vita media dei prestiti con rating speculativo è scesa a soli 4.5 anni, minimo storico, con un controvalore da onorare di oltre 780 miliardi di dollari. Prestisti che nel 40% dei casi sono stati concessi nel 2020, con i tassi di riferimento tra lo zero ed il negativo. Ora rifinanziare questa massa di debito potrebbe costare, a spanne, 5/6 volte tanto.

Ecco perchè la sosta dei tassi di interesse su livelli superiori alla neutralità non è un dettaglio secondario per capire come l’economia mondiale potrà uscire da questa complicata fase storica e se sarà possibile evitare che dalla crisi dei prezzi si scivoli verso una crisi finanziaria dai contorni piuttosto critici.

Foto di Wolfgang Vogt

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