La doppia matrice della fiammata inflattiva USA

Da cosa è stata generata la fiammata inflattiva che ha colpito gli USA nel dopo pandemia? E’ conseguenza diretta di questa o è dipesa da una politica fiscale troppo generosa? Ben Bernanke ed Olivier Blanchard ci dicono da entrambe.

A guardarlo sotto certi aspetti il dibattito sul come la fiammata inflattiva negli USA possa essersi originata appare molto simile al celeberrimo dilemma sull’uovo e la gallina. Nel caso specifico l’uovo è la pandemia e la gallina il mercato del lavoro. In parole semplici il quesito è più o meno questo: l’alto tasso di inflazione che gli USA stanno sperimentando è stato causato dagli squilibri emersi con la pandemia, o tutto dipende dalla generosità degli stimoli fiscali che hanno surriscaldato la domanda e mandato in fibrillazione il mercato del lavoro?

A dare una risposta ci hanno provato due nomi che non hanno certo bisogno di presentazione: Ben Bernanke (ex governatore FED, ora al Brookings Institution) e Olivier Blanchard (già capo economista all’FMI ed ora al PIIE). I due hanno confezionato un paper dal titolo “What Caused the U.S. Pandemic-Era Inflation?” in occasione di un evento organizzato dall’Hutchins Center on Fiscal & Monetary Policy (Brookings Institution).

I due autori hanno provato a ripercorre l’intricata storia dell’inflazione nell’ultimo triennio attraverso l’utilizzo di un semplice modello dinamico nel quale l’inflazione è una funzione di diversi fattori tra i quali sono presenti: i prezzi delle materie prime, il gap tra domanda ed offerta di lavoro, le aspettative di inflazione e gli squilibri della supply chain.

L’analisi condotta da Bernanke e Blanchard disegna uno scenario nel quale il “Big Bang” inflazionistico è rappresentato da un forte squilibrio sul lato dell’offerta durante la fase pandemica, alimentato poi dal generoso aumento della domanda e sfociato in un mercato del lavoro in surriscaldamento. In principio, infatti, è stato l’aumento dei prezzi delle materie prime ad innescare il rialzo dell’inflazione. Successivamente la pandemia ha indotto un cambio di abitutidi di consumo che ha portato ad aumentare la quota di beni acquistati a discapito dei servizi. Questo squilibrio ha messo ancora più pressione all’offerta, generando una seconda ondata di rialzo dei prezzi.

Quando gli squilibri sul lato dell’offerta causati dalla pandemia hanno cominciato a ridursi, ecco che l’accoppiata stimoli fiscali e tassi di interesse a zero hanno fatto il resto. Ed infatti la domanda ha iniziato a crescere in maniera repentina, generando una terza spinta inflazionistica. In quest’ultima fase il contributo del mercato del lavoro all’aumento dei prezzi ha cominciato ad emergere diventandone l’elemento principale nell’ultima parte del 2022.

Ad oggi, sostengono gli autori, l’alta inflazione si regge sostanzialmente sulla spinta che arriva dal mercato del lavoro sovraccarico. E la via per tornare ad un livello di prezzi sostenibile è solo una: raffreddare il mercato del lavoro. Questo ritorno alla normalità non implica necessariamente un aumento deciso della disoccupazione, suggeriscono Bernanke e Blanchard; se il gap tra offerte di lavoro e assunzioni scenderà, come alcuni dati lasciano pensare, l’incremento del tasso di disoccupazione potrebbe essere molto più basso di quel punto percentuale abbondante necessario in presenza di un alto tasso di posti di lavoro vacanti. Ed in questa previsione c’è tutta quella linea sottile che divide gli USA tra una soft landing ed una recessione più strutturata, aggiungiamo noi.

Foto di Chris

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