Come ogni inizio d’anno proviamo a mettere giù, proprio come se fossero dei semplici appunti, quelli che ad oggi appaiono come i più probabili temi chiave del 2023.
Inflazione, e chi sennò. L’inflazione ci accompagnerà ancora per molti mesi, questo continuano a ripeterci i governatori delle banche centrali, aggiungendo poi che proprio per questo motivo sarà necessario mantenere i tassi su livelli superiori alla neutralità per un po’ di tempo. Si, l’inflazione sarà tra noi ancora per un bel po’ di tempo. Certo, nel corso del 2023 tutti si aspettano una riduzione dei ritmi di crescita dei prezzi, vuoi per il più classico degli effetti base, vuoi perchè ci si attende che la tendenza ribassista dei prezzi delle materie prime continui anche nel nuovo anno. Cosa potrebbe andare storto? Un finale d’inverno dal clima estremamente rigido potrebbe rinfocolare i prezzi del gas, una recrudescenza del covid in Cina potrebbe riproporre nuovi inghippi sul fronte della supply chain. Nuove tensioni geopolitiche potrebbero entrare a gamba tesa sulla dinamica discendente dei prezzi.
Recessione o semplice stallo? Il Fondo Monetario Internazionale, nel suo ultimo outlook economico, stima nel 25% la probabilità che il 2023 porti con sé una recessione globale. Altre analisi, come quella del CEBR che abbiamo pubblicato ieri, ritiene l’eventualità di una recessione qualcosa di appena un filo sotto la certezza. Di certo c’è solo che il rialzo dei tassi di interesse da un lato, e dei prezzi dall’altro, non farà di certo bene alla domanda aggregata. Un calo dei consumi e degli investimenti non può che portare ad una riduzione della ricchezza prodotta, e poco importa se il mercato del lavoro sembra ancora orientato al bello, per questo basterebbe ricordare che statisticamente i dati sull’occupazione rispondono sempre in ritardo rispetto all’andamento del ciclo economico. Episodi di recessione, quindi, sembrano essere quasi sicuri, almeno per il primo trimestre del 2023. Più interessante, infatti, sarà capirne la durata e qui la situazione si fa molto disomogenea. In Gran Bretagna si prevede una gelata che potrebbe proiettarsi anche nei primi mesi del 2024, negli USA la faccenda potrebbe essere più rapida. Per l’Europa le cose sembrano orientate alla via di mezzo, con tante incognite all’orizzonte (geopolitiche ma anche di stabilità finanziaria).
Immobiliare no, oro si? Se per gli asset più classici, azioni ed obbligazioni, una previsione in questo momento appare troppo fumosa per essere presa in considerazione, qualche dato più significativo lo si ha per quel che riguarda il settore immobiliare e l’oro. Il primo soffre tantissimo il rialzo dei tassi di interesse, ed il calo dei prezzi visto nella seconda metà del 2022 è destinanto a trascinarsi anche nel nuovo anno. Qualcuno paventa rischi di bolla, ma la tenuta finanziaria delle famiglie appare al momento non in discussione. Sul fronte dell’oro, invece, un dollaro in ritirata ed un clima di incertezza macroeconomia potrebbero rappresentare una spinta al rialzo, come del resto ricordava qualche settimana fa il report del World Gold Council.
Geopolitica, il nuovo grande market mover. Quanto accaduto nel funesto febbraio del 2022 ha spalancato gli occhi di tutti su una nuova realtà. Gli equilibri mondiali che ci hanno cullato per decenni non sono più così solidi ed un periodo completamente nuovo ci si presenta all’orizzonte. La geopolitica è forse il principale tra i temi chiave del 2023, oltre ad essere diventatato un vero e proprio market mover vista la forte interconnessione dell’economia mondiale. Una variabile capace di influire sull’andamento dei prezzi e sulle capacità produttive di intere aree economiche. E sul fronte geopolitico le tensioni non mancheranno nemmeno nel 2023: Ucraina Russia, Cina Taiwan, Serbia Kosovo, Iran Occidente, Corea del Nord, tanto per citare le più pesanti.
Illustrazione di Tumisu