COP26, cosa ci rimane di Glasgow?

Due settimane di trattative, progressi e frenate. Cosa ci rimane della COP26 di Glasgow? Proviamo a riassumere quanto uscito dalla conferenza sul clima chiusa sabato scorso.

Impegno. In inglese il termine si traduce con la parola “pledge”. E proprio su questa parola che poggia tutto l’impianto del documento finale della COP26, faticosamente uscito nella notte di sabato scorso. L’IEA calcola che se tutti gli impegni presi durante la conferenza sul clima di Glasgow verranno rispettati, nei tempi e nei modi, l’umanità riuscirà a mantenere il surriscaldamento globale a fine secolo sotto i 2°C. Al netto di quel se, grande come una casa, si tratta di un passo avanti ed in assenza di alternative dobbiamo essere ottimisti.

Un passo in avanti, si diceva. E lo è se consideriamo che per la prima volta in un documento del COP si parla apertamente della riduzione dell’utilizzo del carbone e delle emissioni di metano in atmosfera. Lo è se si considera che USA e Cina, i due grandi paesi “inquinatori” del mondo, si sono seduti ad un tavolo ed hanno trovato un accordo su una serie di questioni.

La COP26 di Glasgow è un passo avanti perchè gli obiettivi si sono fatti più ambizioni: il taglio delle emissioni del 45% entro il 2030; l’accordo raggiunto sulla necessità di un mercato dei permessi di emissione più rigido e standardizzato; l’accordo di oltre 100 paesi sullo stop alla deforestazione.

Se poi volessimo andare a misurare l’ampiezza di questo passo avanti, le cose si fanno più complicate. Sul carbone, ad esempio, l’impegno è passato, dopo un’estenuante opera di mediazione, dall’eliminazione del suo utilizzo ad una progressiva riduzione. L’accordo tra USA e Cina è al momento una lista di bellissime intenzioni, ed anche i finanziamenti destinati ai paesi più poveri per affrontare le sfide climatiche rimangono in larga parte promessi. Infine, c’è poco, pochissimo materiale sulla finanza sostenibile ed i relativi rischi di greenwashing.

Ed allora si torna al punto di partenza: l’impegno. Di fronte alla pressione dell’opinione pubblica le cancellerie mondiali hanno mostrato la volontà di impegnarsi, annaspando tra le debolezze e le contraddizioni che rendono il cammino verso il target delle emissioni zero ancora molto difficile da raggiungere.

Foto di Kevin Snyman

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