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Giovani, scuola e lavoro. Per l’OCSE non ci siamo proprio

L’OCSE torna a snocciolare dati ed ancora una volta per l’Italia non sono positivi. Il tema è quello dei giovani e, più nello specifico, di quei giovani che si trovano nella spiacevole situazione di non studiare e non lavorare, i famosi NEET.

Stiamo parlando di una platea di oltre 2 milioni di giovani tra i 15 ed i 29 anni che, stando ai dati OCSE,  rappresentano il 26,9% della popolazione giovanile italiana fotografata a fine 2016. Giovani non inseriti in percorsi di studio o di apprendistato e che non sono occupati.

L’Italia è seconda in questa triste classifica con la sola Turchia a superarla e ben lontana dalla media dei paesi OCSE che si attesta a poco più del 14%. Il dato italiano è salito vertiginosamente con la crisi, nel 2007 la percentuale era del 19%.

Per il 30% di questi ragazzi la situazione di completa esclusione da scuola e lavoro si protrae per più di un anno, dato questo che risulta particolarmente preoccupante se si considera che l’inattività prolungata aumenta le difficoltà di reinserimento nel mondo del lavoro. L’OCSE calcola che questa situazione provochi una mancata crescita di circa 1,4% del PIL.

Leggendo questi dati in combinazione con il rapporto “Education at a glance”, sempre dell’OCSE, è facile arrivare alla conclusione che anche chi non rientra tra i NEET affronta problemi strutturali pesanti. L’Italia è penultima tra i paesi OCSE per spesa pubblica in educazione (dopo di noi solo l’Ungheria) e detiene il record di insegnanti over 50. L’80% degli studenti che frequentano corsi di primo e secondo livello non ha mai avuto alcun contributo pubblico per l’iscrizione. Solo 1 studente su 5 usufruisce di una borsa di studio mentre le tasse universitarie sono al 9 posto nella classifica delle più alte tra i paesi OCSE.

Uno scenario difficile nel quale, per molti ragazzi, è difficile studiare ed ancor più difficile trovare un posto di lavoro terminati gli studi. La crisi ha accentuato caratteristiche che il nostro paese già possedeva e la scelta (imposta o voluta, questo è tema politico) del rigore e della politica fiscale restrittiva hanno lasciato indietro una parte di popolazione giovanile che ora rischiamo di perdere per sempre.

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