FMI taglia ancora stime crescita Italia, colpa delle banche.

Il Fondo Monetario Internazionale taglia per la seconda volta in meno di tre mesi le stime di crescita per il nostro paese. A guidare quest’ultima decisione le preoccupazioni degli investitori sul settore bancario.Le previsioni, per quanto possono contare, vedono per il 2016 una crescita dello 0,8% e per il 2017 un Pil a + 0,9%. Stime leggermente inferiori rispetto a quelle del governo ma più ottimistiche della visione del Centro Studi Confindustria che fissa per il 2017 una crescita attorno allo 0,5%.

Sul fronte dei prezzi l’FMI prevede un 2016 chiuso in deflazione (-0.1%) ed un 2017 in leggerissima ripresa +0.5%.

Per giustificare questo ulteriore taglio delle aspettative – il precedente era di luglio scorso – l’FMI chiama in causa il sistema bancario. Guardando ai mercati finanziari gli economisti del Fondo notano che, mentre si assiste ad un generale riassorbimento del mini shock Brexit, le banche italiane continuano ad avere una dinamica di prezzi ed un sentiment negativi.

La scarsa redditività degli istituti italiani, lo scenario che prevede tassi bassi ancora a lungo ed un’eredità di 360 miliardi di euro di crediti deteriorati rendono gli investitori piuttosto cauti sul nostro paese e scettici sulle sue concrete possibilità di crescita.

L’Outlook dell’FMI rispecchia, su molti aspetti, le conclusioni a cui erano già giunti i colleghi parigini dell’OCSE. La ripresa c’è ma rimane precaria ed è fondamentale che, stante una politica monetaria espansiva, i paesi mettano in atto un piano di investimenti in educazione, tecnologia ed infrastrutture. Solo così, afferma l’FMI, sarà possibile rimuovere quei blocchi che attualmente impediscono all’economia di tornare alla normalità.

Se negli USA è praticamente scontato un nuovo rialzo dei tassi, in Europa la permanenza di una politica monetaria espansiva sarà lunga. Dal Fondo spiegano che la BCE sta facendo il massimo che è nelle sue possibilità mentre alcuni stati (il riferimento alla Germania è palese) non stanno facendo altrettanto. Un impegno sugli investimenti da parte di paesi con i conti in ordine permetterebbe di rientrare più in fretta nella normalità.

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