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La FED, le parole di Powell e quel muro di nebbia davanti alle banche centrali

Il discorso di Powell e le previsioni della FED confermano l’avvicinarsi di un nuovo periodo complicato per le banche centrali, tra inflazione e rischi per la crescita.

Mercoledì scorso i mercati attendevano con ansia non tanto la decisione della FED, una scontata conferma dei tassi di interesse, ma le parole di J Powell. In un clima di incertezza sempre più marcato sul futuro dell’economia statunitense, scossa alle radici dalla nuova politica commerciale della Casa Bianca, gli investitori pendevano dalle labbra del governatore per capirne qualcosa di più e sperando di tirare un sospiro di sollievo.

Ma andiamo con ordine. L’esito della riunione della FED è stato, come detto, un mantenimento dell’attuale livello dei tassi di interesse, un aggiornamento delle stime di crescita e inflazione dell’economia statunitense ed il rilascio del nuovo dot plot sulle aspettative di andamento dei tassi di interesse nei prossimi anni. Poi ha preso la parola Powell e ha sottolineato tre cose: che l’ipotesi di due tagli dei tassi entro fine anno rimane sul tavolo; che gli Stati Uniti cresceranno meno del previso (ma la recessione è altamente improbabile), mentre i prezzi saliranno più del previsto (effetto dazi, transitorio); che l’incertezza è molto elevata e che l’atteggiamento della FED sarà estremamente cauto (sottotitolo: non ci facciamo dettare la politica monetaria dalla Casa Bianca).

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I mercati finanziari hanno subito esultato all’idea che i due tagli dei tassi di interesse previsti siano ancora un’ipotesi valida, ma il giubilo è durato il tempo di una notte. Così giovedì mattina l’umore degli investitori tornava a farsi cupo, tormentati da una, perfida, domanda: ma se le stime di crescita sono state tagliate e l’inflazione è attesa in salita, allora ci sta dicendo che si va verso una fase di stagflazione? E di fronte ad una stagflazione, pur moderata quanti si voglia, cosa sceglierà la FED: controllare i prezzi (addio doppio taglio dei tassi) o sostenere l’economia?

La discriminante sta tutta nella forza e nella durata dell’effetto dazi. Powell ha sottolineato che l’istituto concentrerà i suoi sforzi nel tenere ben separate le spinte sui prezzi che arriveranno dalle tariffe, da quelle che saranno generate dall’economia interna. E questo perchè l’intento è rispondere alle seconde e sopportare le prime, in quanto le prime saranno “transitorie”. Ahhh! Orrore, l’ha detta di nuovo! I mercati a volte hanno la memoria lunga. O almeno lunga abbastanza da ricordare che l’ultima volta nella quale l’inflazione è stata bollata come fenomeno transitorio, nel post pandemia, non è andata proprio benissimo.

Se siete arrivati a leggere fino a questo punto, avrete anche voi avuto la sensazione che i refoli positivi del discorso di Powell sembrino già un lontano ricordo. La situazione è tutt’altro che semplice da gestire e l’impressione è che la FED, ma non è la sola, brancoli nel buio. O meglio, veda avvicinarsi nel suo percorso un muro di nebbia fitta. Ancora una volta niente calcoli, niente proiezioni a lungo termine ma solo una strategia a disposizione: decidere di volta in volta. Un concetto ribadito anche dalla governatrice della BCE, Christine Lagarde, che in audizione al parlamento europeo ha sottolineato come decidere meeting by meeting sia la scelta migliore di fronte a tanta incertezza.

A confermare la difficoltà del momento e, per certi versi, a completare il quadro di smarrimento dei mercati finanziari ci ha pensato il dot plot della FED.

Fed, la linea di Powell confermata dal dot plot.

Se la maggioranza dei membri del board (9) conferma la linea di Powell, e cioè un doppio taglio dei tassi entro fine anno, ben 8 sono divisi tra un singolo taglio e il mantenimento del livello attuale. Man mano che ci si sposta nel tempo la distribuzione dei pallini si fa sempre più “verticale”. Soprattutto sull’indicazione del cosiddetto tasso neutro che oscilla tra il 2,5% e il 4%.

Mentre ci si arrovella in tutti questi complessi discorsi, si avvicina la data del 2 aprile. Vale a dire il giorno nel quale l’amministrazione Trump renderà effettivi i dazi reciproci verso l’intero globo terraqueo. La prime vera battaglia della guerra commerciale o l’apice di una tensione fatta di parole e destinata a sgonfiarsi di fronte alla dura realtà.

In conclusione, le parole del governatore della FED, Powell, e le reazioni dei mercati finanziari sono la cartina al tornasole di un momento davvero complicato. Per le banche centrali c’è il rischio di ritrovarsi ad affrontare una nuova lotta all’inflazione, ma con armi spuntate per la debolezza della crescita economica. Al momento sono ancora ipotesi, scenari plausibili ma ancora evitabili, si spera.

Foto: Federal Reserve

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