Cina pronta alla dual circulation. Nuovo fronte per il commercio internazionale?

Uno dei piatti forti del prossimo piano quinquennale cinese potrebbe essere la “dual circulation”. Un meccanismo che dovrebbe incentivare la produzione interna cinese a scapito delle importazioni. Un nuovo fronte caldo per l’economia mondiale sta per aprirsi?

La pandemia, e prima ancora la guerra dei dazi innescata dall’amministrazione americana, stanno modificando in maniera sostanziale la struttura del commercio internazionale ed i rapporti di forza tra i vari paesi, in particolare quelli tra la Cina e le economie avanzate occidentali.

Una fase di transizione che vede la crisi del multilateralismo plasticamente rappresentata dallo stallo del WTO, ancora senza una nuova guida e tristemente bloccato nelle sue strutture di funzionamento.

Tra Pechino e Washington si parla ormai da mesi apertamente di decoupling, di distaccamento, dopo anni passati a cercare di costruire un difficile rapporto commerciale. Anche l’Europa, seppur in misura molto più diplomatica, ha cominciato a frenare lo slancio collaborativo verso la Cina. In questo quadro ogni paese cerca di tracciare una propria via d’uscita e Pechino non sta di certo rimanendo a guardare.

Il mese di novembre sarà cruciale sotto molti punti di vista. Se negli USA le elezioni ci diranno quale sarà il futuro atteggiamento americano rispetto ai partner commerciali d’oltreoceano, in Cina si terrà un’attesissima riunione del comitato centrale del Partito Comunista. Al centro dei lavori ci sarà la stesura del nuovo piano quinquennale dell’economia cinese, il 14°. Un programma economico che, come ci ricorda Alisia Guerrero dal blog del think tank Bruegel, avrà tra gli argomenti chiave la nuova strategia della “dual circulation”.

Di cosa si tratta? In poche parole è il tentativo di rendere la Cina più autonoma dalle importazioni, specie quelle di apparecchiature e componenti di fascia alta. Attraverso questo meccanismo di doppia circolazione Pechino mira da un lato a mantenere aperte le porte ai partner internazionali, sfruttando ancora gli ingenti flussi di esportazione; dall’altro lato a plasmare una domanda interna meno dipendente dalle importazioni, incentivando la produzione “made in China”.

Come sottolinea Guerrero, si tratta di un irrigidimento rispetto alla precedente strategia di ribilanciamento che mirava si ad un aumento della domanda interna rispetto alle esportazioni, ma senza penalizzare le importazioni. Con la “dual circulation”, invece, la domanda interna verrebbe in parte alimentata da produzione interna, con la chiara volontà di ridurre le importazioni.

La strategia sembra, nei fatti, una risposta, quasi una mossa da giocatore di scacchi, alla volontà espressa da molte società multinazionali di spostare la produzione dalla Cina ad altri paesi limitrofi, o quella di molti paesi di riportare in patria produzioni da anni demandate alla manifattura cinese.

Se il progetto dovesse andare in porto, nel quinquennio 2021-2025 paesi come Germania, Giappone e Corea del Sud si troverebbero una gatta da pelare di dimensioni non indifferenti. Il risiko del commercio internazionale, che plasmerà l’economia dei prossimi decenni, entra probabilmente nella sua fase più dinamica.

Foto di hectorgalarza

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