Nel fine settimana a Dubai si svolgerà la COP28. Dalla Conferenza Internazionale sul Clima si attendono risposte su argomenti caldissimi come finanziamenti e taglio delle emissioni di metano. E poi c’è quel ritrovato dialogo tra USA e Cina…
Ci siamo, nel fine settimana più di 70mila tra diplomatici, politici, finanzieri, esperti ed imprenditori si ritroveranno a Dubai per da vita alla Conferenza Internazionale sul Clima (COP28). Secondo molti analisti il rischio che l’evento si trasformi in una ulteriore occasione persa è molto alto. Qualcuno storce il naso pensando al fatto che il presidente della COP28, il sultano Al Jaber, è al contempo il CEO della Abu Dhabi National Oil Co., vale a dire di uno dei maggiori produttori di petrolio al mondo. I più ottimisti, invece, ritengono che questa sarà l’occasione per avvicinarsi alla chiusura su alcuni dossier scottanti.
La diplomazia, con le sue trame fittissime ed intricate, farà il suo corso. A noi non resta che fissare i punti principali su cui tentare, quando il documento finale sarà svelato, di capire se il bilancio della COP28 sarà positivo o no. Ma quali sono questi punti? Con l’andar del tempo sembrano essersi ridotti sostanzialmente a quattro: stocktake, finanziamenti, metano, rapporti USA-Cina.
Lo stocktake è forse il punto più innovativo della COP28. Si tratta, come abbiamo già avuto modo di ricordare, di una sorta di “pagella” nella quale per ogni paese sarà specificato quanti degli impegni presi a Parigi nel lontano 2005 sono stati mantenuti e quanti no. Quanto manca per raggiungerli e quali sono gli obiettivi da fissare entro il 2025 per continuare l’impegno a mantenere il surriscaldamento del pianeta entro gli 1.5°C a fine secolo.
Un punto sicuramente caldo è quello relativo ai finanziamenti. Da un lato le economie emergenti vogliono il pieno rispetto degli impegni presi dalle economie avanzate (la famosa promessa dei 100 miliardi all’anno che i paesi ricchi avrebbero dovuto iniziare a versare ai paesi poveri dal 2020). Dall’altro lato la scarsa voglia delle economie avanzate di versare soldi, preferendo piuttosto finanziare direttamente progetti. Una bozza d’accordo, soprendentemente, sembra essere già pronta. Al di là delle modalita, stando agli ultimi studi, le economie emergenti sul fronte della lotta al cambiamento climatico hanno necessità di qualcosa come 2.4 trilioni di dollari all’anno, tra fondi privati e pubblici, entro il 2030.
Chi è abituato a guardare il bicchiere mezzo pieno (e non dà peso ai sospetti rilanciati da alcuni importanti organi di stampa) sostiene che la presenza del sultano Al Jaber possa finalmente far entrare il settore dell’energia fossile nel dibattito su come ridurre le emissioni inquinanti in atmosfera. Secondo alcuni rumors alla COP28 potrebbe essere svelato un impegno del settore per la riduzione di emissioni di metano da estrazione. Proprio la riduzione delle emissioni di questo potentissimo gas serra è un altro dei punti caldi della conferenza. A Dubai si cercherà di allargare ulteriormente il gruppo di paesi e grandi gruppi industriali aderenti all’impegno di riduzione.
La novità delle ultime settimane, il punto aggiuntivo potremmo dire, sta nella ritrovata volontà di dialogo tra le due grandi potenze economiche mondiali: USA e Cina. La conferenza di Dubai può essere sotto questo punto di vista un’occasione per alzare l’asticella degli obiettivi sul clima da parte di due paesi che assieme rappresentano quasi il 50% delle emissioni globali. Se mettere nero su bianco l’impegno alla fine dell’utilizzo dell’energia fossile sembra ancora poco realistico, Washington e Pechino potrebbero lavorare assieme sul fronte dei finanziamenti e dare comunque un’accelerazione sul fronte della transizione energetica.
Pochi giorni e sapremo se la COP28 di Dubai potrà essere ricordata come una tappa importante nella lotta al cambiamento climatico o se dovremo, sconsolati, allungare la lista delle occasioni mancate.
Illustrazione di Alexandru Manole