Il lavoro flessibile aumenta il fatturato? Sembra di si

Uno studio recentemente pubblicato e relativo al periodo 2020-2022 sembra indicarci che l’adozione di modelli di lavoro flessibile abbia impatti positivi sul fatturato delle imprese.

Travolti da appassionanti discussioni geopolitiche e preoccupati a vivisezionare gli ultimi dati dell’inflazione, abbiamo un po’ perso di vista un argomento che ha spopolato in lungo ed in largo nel periodo della pandemia. Ma il lavoro da remoto, di lui stiamo parlando, torna ora a bussare alla porta e lo fa attraverso i dati di uno studio triennale pubblicato da Scoop Technologies Inc. e Boston Consulting Group.

Si tratta di un sondaggio condotto su 554 società sparse per il mondo ed impegnate in 20 settori produttivi differenti. Oltre a darci le ultime tendenze in tema di lavoro flessibile, il report è tra i primi a riportare una valutazione di medio periodo sull’utilizzo del lavoro da remoto nelle imprese. E per farlo mette a confronto il tasso di crescita del fatturato, normalizzato per il tasso medio di crescita di ogni settore.

Andando al sodo, i numeri sembrano dirci che l’adozione del lavoro flessibile aumenta il fatturato. Nel periodo 2020-2022 le imprese cosiddette “full-flexible”, quelle cioè che hanno adottato il lavoro da remoto per tutti i propri dipendenti o hanno lasciato agli stessi la scelta sul suo utilizzo o meno, hanno riportato una crescita delle vendite pari al 21%. Le aziende che hanno adottato un modello ibrido, o che non hanno previsto modalità di lavoro flessibile, si sono fermate al 5% di crescita del fatturato. Insomma il lavoro flessibile sembra aver reso quattro volte tanto.

La spiegazione di questa maggior performance potrebbe però avere molto a che fare con la particolare fase vissuta dal mercato del lavoro in questi ultimi anni. Il lavoro da remoto, infatti, avrebbe permesso alle imprese di trovare con più facilità nuovi lavoratori e ridotto quel tasso di uscita volontario schizzato verso l’alto nell’immediato dopo-pandemia. Al contrario, le aziende “tradizionaliste” si sarebbero scontrate con la difficoltà ad assumere nuovi lavoratori ed il desiderio di molti dipendenti di andare a lavorare in ambienti più flessibili.

Qualcuno storce il naso anche sul termine di paragone utilizzato dallo studio per valutare la bontà del lavoro flessibile. Al posto del tasso di crescita delle vendite sarebbe forse stato più interessante utilizzare il ritorno per gli azionisti. Ma al di la di questo che sul lavoro flessibile le imprese stiano continuando a guardare con molta attenzione è fuor di dubbio. Negli USA l’87% delle imprese che adottano il modello ibrido richiedono solo 2/3 giorni di presenza in ufficio. Nel terzo trimestre del 2023, il 33% delle imprese americane ha adottato modelli “full flexible”, in larga parte lasciando al lavoratore la libertà di organizzare il mix di giorni in presenza e non. Si tratta di una percentuale cresciuta di due punti da inizio anno.

Foto di lumbridgecity

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