Alimentare e greenwashing: quando di verde c’è solo la confezione

Un interessante report di Changing Markets Foundation segnala un fenomeno per molti versi preoccupante: il greenwashing aumenta nel settore alimentare.

Quando si parla di greenwashing, vale a dire di quelle pratiche che “spacciano” per sostenibilità ambientale operazioni che di sostenibile non hanno nulla o poco, si parla anche di rischio per gli investitori. Non è un caso se le autorità di vigilanza – come abbiamo ricordato poco tempo fa – stanno intervenendo con sempre maggior intensità sull’argomento. La Commissione Europea, per fare un esempio di stretta attualità, ha pubblicato mercoledì scorso le nuove linee guida anti greenwashing per le etichette e la pubblicità dei prodotti messi in vendita nei paesi del blocco.

Il fenomeno è decisamente in espansione, preso come pretesto per fare marketing (di corto respiro) ed è rintracciabile in tutti i settori. Un recente studio condotto dal Changing Markets Foundation si è concentrato sul rapporto tra greenwashing e settore alimentare. Il gruppo di attivisti olandesi ha scoperto che molte delle etichette “eco friendly” e degli slogan green presenti sulle confezioni di prodotti alimentari hanno spesso molta poca sostanza. Espressioni come carbon neutral, climate positive e net zero sono spesso associate a produzioni alimentari che invece sono ai primi posti nell’emissione di gas serra, come ad esempio quella della carne. Nel corso del 2022 lo studio ha rilevato numeri per molti versi impressionanti: l’80% dei prodotti analizzati reca sulle confezioni slogan o diciture sulla sostenibilità ambientale; ben 53 prodotti sono stati facilmente collegati ad attività ad alto impatto sulle emissioni di gas serra. Spesso la pretesa sostenibilità si basa su esperimenti di pochi mesi (come quello della carne prodotta con bassa emissione di metano) o sulla compensazione dell’anidride carbonica emessa con l’acquisto di crediti (è il caso della produzione di una birra belga).

Si diceva che il marketing ha la sua parte di responsabilità. Ed in effetti i dati della Gran Bretagna e della Germania fanno riflettere: il 42% dei consumatori inglesi si dice più disposto all’acquisto di un prodotto che rechi una dicitura green; ed il 29% è disposto anche a pagare di più per acquistarlo. In Germania i numeri – osserva il report – cambiano di poco.

Pratiche di corto respiro che mettono a rischio la fiducia dei consumatori (e degli investitori) nel lungo termine e le possibilità di raggiungere per davvero gli obiettivi di sostenibilità che – lo stiamo riscontrando quotidianamente – sono la sola ancora di salvezza per il nostro pianeta.

Foto di Squirrel_photos

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