Settore bancario, gli effetti (opposti) del cambiamento su azionisti e lavoratori

Il settore bancario vive una fase di grande cambiamento. Da un lato, di fronte all’emergenza climatica, la pressioni sempre più forti ad abbandonare al loro destino gli investimenti sul fossile; dall’altro lato la sempre più pervasiva presenza della tecnologia nelle sue strutture. Un percorso complicato che potrebbe portare a sorridere gli azionisti, ma molto meno i lavoratori.

Dagli accordi di Parigi in poi, come ricordava la già citata ricerca di Rain Forest Action Network, le 60 principali banche mondiali hanno destinato ben 3.8 mila miliardi di dollari a progetti legati all’energia fossile, 751 miliardi solo nel 2020. Trilioni che hanno fruttato una buona dose di commissioni, irrobustendo bilanci che negli ultimi anni, compreso l’orribile 2020, sono stati fonte di grosse soddisfazioni per gli azionisti. Non c’è dubbio che l’attenzione sugli istituti bancari per quel che riguarda gli investimenti sostenibili sia incredibilmente cresciuta, e numeri come quelli appena citati non fanno altro che aumentare le spinte per un cambio di rotta. Alle banche viene chiesto un triplice sforzo: di essere trasparenti verso i loro clienti sulla sostenibilità degli asset in bilancio; di chiedere trasparenza sull’impatto ESG degli investimenti da finanziare; di informare i risparmiatori sul grado di sostenibilità delle proprie proposte di investimento.

Per il momento lo sforzo maggiore sembra orientato alla collocazione di strumenti finanziari green e gli effetti sui bilanci non paiono fare così male. Stando ai numeri elaborati da Bloomberg Green, nel 2021 le principali banche mondiali hanno portato a casa 3,6 miliardi di dollari di commissioni per l’emissione di strumenti finanziari etichettati come ESG, il doppio di quanto incassato dalla collocazione, sempre per il 2021, di strumenti finanziari destinati al fossile. JP Morgan ha portato nel giro di un anno le emissioni di bond green dal 5% al 13% del totale delle collocazioni. Considerando l’attuale trend di emissioni green, per le banche si prospetta un periodo roseo.

Il passaggio alla finanza sostenibile si affianca ad un altro significativo cambiamento per il settore bancario, quello tecnologico. Iniziato molto prima rispetto alla svolta green, l’adozione delle nuove tecnologie nella struttura operativa degli istituti bancari procede a ritmo sostenuto con opposti effetti su redditività ed occupazione. Wells Fargo ha recentemente pubblicato un corposo studio sull’argomento. Considerando le sole banche statunitensi, nei prossimi cinque anni l’adozione delle nuove tecnologie porterà alla riduzione di 100 mila posti di lavoro, un ridimensionamento mai visto prima nella storia degli istituti bancari a stelle e strisce. Sempre meno “back office” e call center e focus su programmatori informatici (“Developers are the new bankers” ha detto Mike Mayo di Wells Fargo intervistato da Bloomberg TV). Opposto, come dicevamo, l’effetto che la tecnologia potrebbe avere sulla redditività degli istituti. Sempre la ricerca di Well Fargo stima che, ai tassi attuali, l’efficiency ratio delle banche, sulla scia degli investimenti in tecnologia, potrebbe migliorare del 9% in un quinquennio.

In definitiva la grande sfida che il settore bancario si trova ad affrontare potrebbe, alla fine dei conti, dare grosse soddisfazioni agli azionisti; molte meno a chi nelle banche ci lavora.

Foto di Free-Photos

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