Mentre lo S&P500 sfonda i 3000 punti, segnando un nuovo record, spuntano ipotesi sul possibile impatto di un fallimento dei negoziati fra USA e Cina.
Il mantra, ripetuto anche dal governatore della FED al senato USA, è sempre lo stesso: le tensioni internazionali sul commercio minano la crescita economica statunitense (e mondiale).
Dal G20 di Osaka di fine giugno si è riaperta la speranza di arrivare ad un accordo tra le due principali potente economiche coinvolte (USA e Cina). Ed è proprio sull’esito di questi negoziati che si focalizza il pensiero di Dubravko Lakos-Bujas, della banca d’affari Morgan Stanley. In una recente intervista rilasciata a Marketwatch.com, il chief economist & strategist, disegna due scenari e le loro conseguenze sull’andamento dello S&P500.
In un primo scenario, arricchito da un doppio taglio dei tassi da parte della FED, Cina e USA trovano la quadra ed il negoziato si conclude positivamente. Se ciò dovesse accadere, spiega Lakos-Bujas, il risultato sarebbe uno S&P500 che testa vette altissime, fino a 3200 punti.
Il secondo scenario prova a misurare l’effetto sull’indice di borsa di un fallimento completo di ogni trattativa. In questo caso il tonfo sarebbe consistente, oltre il 15%; significa che lo S&P500 rivedrebbe quota 2800.
Perchè tra i due scenari ci sono alla fine quasi 800 punti di differenza? La risposta sta nell’incidenza che il commercio internazionale ha sui profitti aziendali. Basti pensare che, riferisce sempre Lakos-Bujas, l’effetto si qui ottenuto dalla diatriba dazi è stato quello di ridurre di 5 dollari per azione, in media, l’utile delle aziende quotate sullo S&P500. Ed un ulteriore aumento delle tariffe potrebbe ulteriormente ridurre il rapporto prezzo/utile.