L’Europa interrotta

Che qualcosa stesse cambiando lo si era intravisto nel corso del summit di Bratislava ma l’annuncio del prossimo vertice Merkel-Hollande-Junker con i vertici industriali europei deflagra in questo primo weekend autunnale come una triste conferma. E’ l’Europa interrotta, un bel sogno che rimarrà tale.

La notizia, in fondo, non è tanto il fatto che non ci sia l’Italia a quel vertice. Se, come probabile, l’andazzo si manterrà uguale al passato, allora non avremo perso nulla. L’inconcludenza dei summit europei è qualcosa di cronico e fa nascere solo sentimenti di impotenza e frustrazione.

La notizia è che l’Unione Europea, che dovrebbe essere rappresentata dal presidente della commissione Junker, ha bisogno sempre e comunque di una balia. Merkel (e Hollande) accompagnano il “povero” Junker perchè si, esiste l’Europa ma esiste prima la Germania, la Francia… Non sia mai che gli industriali pensino di aver davanti un’unione di Stati, un “e pluribus unum”, un interocutore concreto e dal mandato forte. A nome di chi parla Junker?

A pensarci bene, in fin dei conti, nemmeno quella appena raccontata è una notizia. E’ la cruda realtà dei fatti, è la prova provata di un’Europa Interrotta o, per dirla con le parole di Junker, in piena crisi esistenziale.

Eppure il sogno era a portata di mano, lo abbiamo accarezzato per anni quando 12 paesi decisero di aprire le frontiere (aprire le frontiere, non una cosa banale) e decisero di iniziare un percorso che avrebbe dovute unirne i destini.

Solo che quell’amore trionfante di una notte di gennaio covava in se i microbi della crisi. Qualcuno metteva in atto una strategia da “convergenze parallele” che issava al primo posto i vantaggi interni che la moneta unica ed il mercato comune potevano portare.  Gli indiscutibili vantaggi monetari tedeschi, lo scudo sul debito per l’Italia, i taroccamenti greci.

Cullati dai vantaggi iniziali i paesi membri iniziarono a far morire la creatura. L’unione monetaria era infatti solo un passaggio, importantissimo, verso qualcosa d’altro. L’unione, che aveva mosso i primi passi sul campo economico,  aveva davanti a se una nuova dimensione da affrontare, quella politica. Ma qui tutto si ferma. Una moneta, un popolo era l’obiettivo: fallito.

Quei 12 paesi non sono diventati qualcosa d’altro, l’unione si è trasformata in un club al quale si sono iscritti in troppi (altro errore che ha minato le fondamenta europee). Ora ci ritroviamo con 28 stati, ognuno con le sue prerogative, i suoi niet e un certo schifo verso gli altri partecipanti. Nord contro Sud, Est contro Ovest, virtuosi contro mascalzoni e chi più ne ha più ne metta.

Ecco che allora, vista sotto questa nuova luce, l’ultima scaramuccia tra Italia e Germania non è che normale amministrazione ed è sempre più evidente che il sogno di Spinelli e compagnia, trasformatosi in incubo, lascerà il posto al risveglio. Tornare indietro? Mollare tutto? Forse, se avessimo un paese coeso ed una situazione sociale meno traballante allora qualcuno potrebbe prenderla questa coraggiosa decisione. Per come è oggi la situazione di molti paesi, Italia inclusa, conviene far buon viso a cattivo gioco, firmare accigliati piuttosto che ribaltare tavoli in quel di Bruxelles, rassegnarsi ad un club monetario dove tutti si guardano in cagnesco pronti ad portare a casa, ad uso elettorale, il bonus di turno. Infinita tristezza.

 

Fonte foto: www.tempi.it (via Google Image)

 

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