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I mercati azionari tra great rotation e banche centrali

L’attesa per le mosse delle banche centrali non è priva di effetti sui mercati azionari, dove si assiste a quella che negli USA viene chiamata great rotation.

In questa estate 2024 la metafora meteorologica deve rimanere nel cassetto. Quello che si sta vivendo in queste settimane sui mercati finanziari non ha nulla a che vedere con le torride temperature che da settimane rendono un po’ più complicata la nostra quotidianità. Nell’ultimo mese lo S&P500 ha perso l’1.32%, il Nasdaq ha lasciato sul tappeto oltre quattro punti percentuali. In Europa lo Stoxx50 registra un rosso dell’1.33%.

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Cosa sta succedendo? Per capirci qualcosa occorre andare a guardare altri due dati e precisamente l’andamento dei rendimenti dei titoli di stato ed il movimento delle small cap. I rendimenti dei titoli di stato statunitensi a 10 anni sono calati nell’ultimo mese di oltre sei punti percentuali. In Europa il Bund rende 10 punti percentuali in meno rispetto ad un mese fa. Sul fronte delle small cap, le società a bassa capitalizzazione, i dati ci dicono che nell’ultimo mese di contrattazioni l’indice Russell 2000 ha portato a casa un guadagno del 10%, contro lo 0.9% del Russell 1000 ed il risultato negativo, già citato, dello S&P500. Aggiungiamo anche un altro dato: lo S&P500 Value ha messo a segno negli ultimi 30 giorni un guadagno di oltre quattro punti percentuali.

Fin qui i numeri, ma cosa significano? Partiamo da quello più semplice da interpretare, vale a dire l’andamento dei rendimenti dei titoli governativi. Il calo dei rendimenti altro non è se non la “naturale” reazione dei prezzi delle obbligazioni al cambio di rotta dell’inflazione (in primis) ed alle aspettative di taglio dei tassi da parte delle banche centrali. Più interessanti, ma allo stesso tempo più complicati da interpretare, sono invece i numeri relativi a small cap e azionario value.

Negli USA in queste settimane si parla tantissimo di “great rotation”. Al di là dell’oramai abituale necessità di aggiungere l’aggettivo “grande” ad ogni fenomeno che si palesi sui mercati finanziari, la rotazione tra Tecnologici/Big Cap e Small Cap è concreta e significativa. Le spiegazioni possibili sono molteplici, ma la più convincete è ancora una volta legata alle aspettative sui tassi di interesse ed all’inflazione. In un contesto di tassi di interesse al ribasso, le small cap possono prosperare perché il costo del finanziamento è più basso e gli investitori sono più disposti a investire in asset più rischiosi per cercare maggiori rendimenti. Allo stesso tempo, in presenza di inflazione moderata e crescita economica, le small cap possono beneficiare di una maggiore domanda di beni e servizi senza un aumento sproporzionato dei costi.

C’è infine un altro segnale da non trascurare: la perfomance delle azioni value. Con il settore tecnologico che ha corso tantissimo e che nelle ultime trimestrali comincia a mostrare segni di affaticamento, gli investitori sembrano iniziare a ribilanciare i loro portafoglio, concentrando il rischio nelle small cap e bilanciandolo con una dose di azioni in grado di garantire dividendi costanti e valutazioni potenzialmente crescenti se i tassi con i quali si scontano i flussi di cassa futura scenderanno. Non solo, secondo alcuni analisti gli investitori più attenti cominciano a seguire gli effetti a cascata dell’integrazione dell’AI nei vari settori industriali. E tra i settori che più potrebbero beneficiare delle nuove tecnologie c’è quello delle utilities.

Il mercato offre anche altri spunti interessanti ma questi ci sono parsi significativi perchè indicano il mutato atteggiamento degli investitori nelle ultime settimane. C’è attesa per le decisioni delle banche centrali e non ci si vuole far trovare impreparati. C’è una forte necessità di riposizionamento e la speranza che il mercato azionario possa dare ancora buoni frutti da qui a fine anno, ma non nelle modalità e nei settori che lo hanno caratterizzato nella prima parte del 2024.

Foto di André Santana Design André Santana

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