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Quella complessa (ma efficace) trasmissione della politica monetaria attraverso i prezzi delle materie prime

Tra i canali attraverso i quali le scelte di politica monetaria arrivano all’economia reale ce n’è uno particolarmente interessante: il mercato delle materie prime.

Come fanno le scelte in materia di politica monetaria ad influenzare l’economia reale? I canali di trasmissione attraverso i quali le decisioni delle autorità monetarie, come la Banca Centrale, influenzano i comportamenti degli operatori economici sono diversi. Li potremmo riassumere in cinque grandi gruppi:

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  • Canale dei tassi di interesse: Le variazioni dei tassi di interesse influenzano i costi di finanziamento e quindi la spesa e gli investimenti.
  • Canale del credito: Le politiche monetarie modificano la disponibilità e le condizioni del credito.
  • Canale dei prezzi degli asset: I cambiamenti nei tassi di interesse influenzano i prezzi delle azioni e delle obbligazioni, incidendo sulla ricchezza e sui consumi.
  • Canale del tasso di cambio: Le variazioni nei tassi di interesse influenzano il valore della valuta, impattando importazioni ed esportazioni.
  • Canale delle aspettative: La politica monetaria influenza le aspettative future di consumatori e imprese.

Tra quesi canali ce n’è uno particolarmente interessante, vale a dire quello relativo ai prezzi degli asset. Ed all’interno di questo canale svolge un ruolo cruciale il mercato delle materie prime. A descrivere in maniera puntuale cosa accade alle commodities quando una banca centrale (la FED in questo caso) decide di agire è un lavoro di Jorge Miranda-Pinto, Andrea Pescatori, Ervin Prifti e Guillermo Verduzco-Bustos pubblicato recentemente dal CEPR (The commodity transmission channel of monetary policy and inflation dynamics).

I ricercatori, basandosi sui dati del periodo 1990-2019, hanno analizzato il comportamento dei prezzi delle materie prime in risposta ai cambiamenti repentini della politica monetaria statunitense. I risultati mostrano un’ampia, larga e repentina risposta dei prezzi delle commodities alle decisioni sui tassi; più marcata nel caso di riduzione del costo del denaro.

Ma questo è solo il primo passaggio. A conferma di come le scelte della FED abbiano ricadute globali, lo studio di Miranda-Pinto e dei suoi colleghi descrive gli effetti della politica monetaria statunitense sull’inflazione nelle altre economie mondiali. Un aumento di 10 punti base dei tassi USA, ad esempio, è responsabile del calo di un decimo dell’inflazione spagnola. Questo movimento è la diretta conseguenza del cambiamento dei prezzi di petrolio e gas naturale, vere e proprie “manopole” di regolazione, assieme alle materie prime alimentari, dell’inflazione planetaria.

L’ultimo passaggio descritto dallo studio è una sorta di rimbalzo. L’effetto delle decisioni FED sui prezzi delle materie prime si diffonde a livello globale e ritorna sull’economia statunitense sotto forma di differenti prezzi delle importazioni (in particolare di prodotti alimentari e petrolio), agendo in questo modo sul livello dei prezzi al consumo.

Questo complicato meccanismo di trasmissione è alla base del repentino ribasso della parte volatile dell’inflazione nel dopo pandemia, quando un intervento coordinato delle banche centrali portò ad un veloce rialzo dei tassi di interesse. Il canale delle materie prime, inoltre, si dimostrerebbe un ottimo strumento per combattere una delle componenti più arcigne dell’inflazione, vale a dire quella importata.

Foto di Franck Barske

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