L’acqua è una risorsa sempre più scarsa, ma quello che emerge è che anche gli investimenti in asset ad essa collegati sono difficili da trovare per i fondi ESG.
Secondo i dati delle Nazioni Unite entro il 2030 il deficit di approvigionamento idrico a livello globale potrebbe toccare il 40%. Un report di CDP ci ricorda, inoltre, come dal 1970 ad oggi è andato perduto l’84% della biodiversità delle acque dolci con il risultato che ad oggi, nel mondo, 2.3 miliardi di persone vivono in un ambiente nel quale l’approvvigionamento d’acqua è tutto fuorchè una garanzia.
L’acqua rappresenta forse la quintessenza dei beni scarsi e di conseguenza sta diventando sempre più preziosa. La domanda non è certo comprimibile, anzi cresce all’aumentare della popolazione mondiale e trova nuova linfa anche dallo sviluppo senza sosta di settori industriali “idrovori” come quello dei microchip; dall’altro lato l’offerta non può essere aumentata senza l’introduzione di tecnologie in grado di risparmiare acqua e recuperarla dai processi produttivi e non solo. Questo significa che in un futuro non molto lontano, senza innovazione tecnologica, nuovi stili di consumo e con una gestione meno pubblica, un bicchiere d’acqua diventerà sempre più caro e sempre meno pieno.
La novità, se vogliamo chiamarla così, è che l’acqua non scarseggia solo nei rubinetti di quasi un terzo della popolazione mondiale, ma anche negli investimenti sostenibili. In una recente intervista rilasciata all’agenzia Bloomberg, Martin Todd di Federated Hermes ha dichiarato che nonostante la volontà di aumentare l’esposizione in asset collegati al tema dell’acqua, la disponibilità di progetti validi e con valutazioni economiche accettabili è estremamente scarsa. Attualmente – continua Todd – non ci sono abbastanza grandi aziende che dedicano risorse per affrontare queste sfide. E gli investitori rimangono con poche opzioni sul tavolo. Ad inizio anno era stato l’amministratore delegato di Impax Asset Management a lanciare l’allarme: malgrado i tanti sussidi quello che vediamo è una scarsità di asset sostenibili in cui investire.
Il mercato conferma questa tendenza. Gradiant Group, uno dei principali player mondiali nel trattamento delle acque, ha raggiunto una valutazione di oltre un miliardo di dollari, mentre altre società del settore si fondono per fare massa critica riducendo allo stesso tempo le possibilità di diversificazione per gli investirori green.
Foto di Henryk Niestrój