Crescita e sostenibilità, l’idea di World Bank

Crescita e sostenibilità possono andare d’accordo? A leggere un recente report di World Bank sembra proprio di si. Tutto si basa su un modello di riallocazione di risorse ed attività produttive.

Crescita e sostenibilità possono andare d’accordo? Secondo molti commentatori si tratta di un binomio grondante di compromessi e per questo motivo il rischio è di essere o un po’ meno sostenibili di quanto si dovrebbe, o un po’ meno produttivi. In definitiva, a qualcosa occorre rinunciare. La storia sembra essere lì a rammentarcelo, il grande sviluppo economico dalla rivoluzione industriale ad oggi ha lasciato sul terreno un pianeta a corto di risorse naturali e sull’orlo di una crisi climatica irreversibile.

Eppure, dalle parti della “nuova” World Bank guidata da Ajay Banga, la pensano un po’ diversamente. Nell’ultimo report dal titolo “Nature’s Frontiers: Achieving Sustainability, Efficency, and Prosperity with Natural Capital” il team di economisti guidati da Richard Damania ha cercato di disegnare un modello di sviluppo in grado di gestire in maniera efficiente il trade-off tra sostenibilità ambientale e crescita economica.

Il nocciolo del ragionamento è estremamente semplice ed al contempo tremendamente ambizioso: riallocare le risorse. Concentrare in zone appropriate le attività agricole e liberare spazio per permettere alle risorse naturali di espandersi. I numeri della ricerca sono senza dubbio promettenti. Una riallocazione efficiente delle risorse e delle attività agricole potrebbe permettere ai paesi di eliminare 85.6 miliardi di tonnellate di CO2, l’equivalente di due anni di emissioni; e senza incidere negativamente sulla crescita economica. Efficientare i processi produttivi in ambito agricolo e forestale può generare un reddito annuo di 329 miliardi di dollari, cifra capace di soddisfare la domanda di cibo da qui al 2050 senza danneggiare l’ambiente.

Lo studio porta l’esempio della città di New York. L’acqua che arriva nella Grande Mela viene prelevata dalle Catskill Mountains, un’area forestale mantenuta per la cifra di 167 milioni di dollari all’anno. L’alternativa per New York sarebbe quella di costruire impianti di filtraggio per un costo pari a 6 miliardi di dollari e mantenerli ad un costo annuo di 250 milioni di dollari. Preservare l’ambiente è economico.

In Etiopia un progetto finanziato dalla World Bank ha fatto nascere numerose cooperative agricole impegnate nella riforestazione di milioni di ettari di territorio. E la riforestazione può generare introiti attraverso programmi di riduzione dell’anidride carbonica.

Riorganizzare costa. Il modello pensato da Damania e dai suoi colleghi prevede, oltre all’adozione di tecnologie produttive innovative, lo spostamento di molte attività da una zona ad un’altra. I soldi, sostiene il report, ci sarebbero: gli 1.25 trilioni di dollari in sussidi diretti che i governi stanziano annualmente per l’agricoltura ed il settore forestale e che spesso finiscono per favorire la deforestazione e l’utilizzo di fertilizzanti tossici.

Foto di Joe

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