Sondaggi PMI di giugno, segnali di debolezza dal settore servizi

Dai sondaggi PMI di giugno arrivano segnali non incoraggianti, alla crisi della manifattura si aggiunge un rallentamento del settore servizi. Questo ed altro nell’ultima K Briefing della settimana.

Giappone, inflazione in calo nel mese di maggio. Nel mese di maggio l’inflazione giapponese è scesa al 3.2% su base annua dal 3.5% del mese precedente, un decimo sotto alle attese del mercato. Il dato core scende di due decimi al 3.2%, contro attese di 3.1%. Su base mensile l’inflazione rimane ferma.

Gran Bretagna, vendite al dettaglio in calo anche a maggio, ma meno delle attese. Le vendite al dettaglio in Gran Bretagna hanno continuato a scendere anche nel mese di maggio. Su base annua la variazione è stata del -2.1%, cinque decimi meglio rispetto alle attese e miglior risultato dal marzo del 2022. Si tratta inoltre del 14° mese consecutivo di calo, segno evidente di come inflazione e tassi stiano fiaccando i consumi britannici.

Sondaggi PMI di giugno, segnali di debolezza dal settore servizi. La stima flash dei sondaggi PMI di giugno sembra indicare un momento di rallentamento per la crescita mondiale. Se la manifattura continua ad essere in piena fase di contrazione, la novità arriva da una perdita di forza da parte del settore dei servizi. Un’accelerazione dei prezzi nel settore servizi sembra indicare, inoltre, una possibile ulteriore persistenza dell’inflazione nei prossimi mesi. Vediamo qualche dato relativo alle principali aree economiche.

Australia. Settore privato in zona espansione a giugno per l’Australia, ancora grazie all’apporto decisivo del settore servizi. Il PMI composite, però, passa da 51.6 a 50.5, secondo mese di calo consecutivo. Il settore servizi registra un rallentamento della fase di espansione dovuto principalmente ad un calo di nuove attività. Sempre nel settore dei servizi aumentano i costi di produzione, conseguenza anche di salari e tassi di interesse in crescita.

Giappone. Il settore privato giapponese registra il sesto mese consecutivo in zona espansione, con una lettura di giugno in calo rispetto ai mesi precedenti. Il settore manifatturiero ritorna in zona contrazione, mentre quello dei servizi registra un rallentamento nel suo ritmo di crescita. Anche qui si segnala un aumento dei costi di produzione per il settore servizi.

Eurozona. Peggiora ulteriormente nel mese di giugno la situazione del settore manifatturiero dell’area (ed in particolare della Germania), ma il settore servizi riesce ancora a mantenere il PMI composite oltre la soglia dei 50 punti. Il 50.3 della stima flash rappresenta il sesto mese consecutivo in zona espansione del settore privato dell’Eurozona, ma anche il peggior risultato da sei mesi a questa parte ed il secondo mese di calo consecutivo. Il PMI servizi peggiora a giugno registrando la peggior performance da 5 mesi a questa parte, con la domanda che inizia ad indebolirsi e un calo di nuove attività. Se in generale la tendenza dei prezzi è al ribasso, non sfugge il comportamento “contrarian” di quelli del settore servizi. Situazione delicata per la Francia che vede il suo PMI composite scivolare sotto quota 50 (in contrazione sia manifattura che servizi) e la possibilità di chiudere il secondo trimestre con un calo del PIL di mezzo punto percentuale.

Gran Bretagna. Anche per la Gran Bretagna il PMI di giugno indica un indebolimento della fase di espansione. Il settore manifattura rimane in zona contrazione e peggiora rispetto a maggio, mentre rallenta la crescita del settore servizi. Il PMI composite si ferma a 52.8 punti, quinto mese consecutivo oltre quota 50 ma anche secondo consecutivo di calo.

USA. Peggioramento per la manifattura statunitense, il cui PMI scivola a 43 punti, minimo da dicembre scorso. Il settore privato rimane in zona espansione grazie al settore servizi la cui domanda rimane forte anche se sul fronte occupazione si registra un rallentamento consistente. Come visto per gli altri PMI, anche per quello statunitense aumenta la pressione sui prezzi del settore servizi, non un buon segno per la FED.

Foto di Janno Nivergall

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