Start up e non solo per catturare anidride carbonica

Climateworks e Carbon Engineering sono solo due delle tante start up impegnate nello sviluppo di tecnologie in grado di catturare anidride carbonica nell’atmosfera. Ora si muovono anche i grandi investitori.

Martedì scorso la banca d’affari statunitense JP Morgan ha annunciato un impegno da 200 milioni di dollari per rimuovere anidride carbonica dall’atmosfera. Tra le voci di spesa, nella lista preparata dalla banca diretta da Jamie Dimon, spiccano i 20 milioni destinati alla start-up svizzera Climeworks, uno dei più costosi accordi mai siglati sino ad ora per ripulire l’atmosfera dalla CO2.

Di quanto possa essere centrale il ruolo della rimozione dell’anidride carbonica in circolazione abbiamo già avuto modo di parlarne. Basta qui ricordare le proiezioni dell’lPCC: per tentare di raggiungere l’obiettivo di Parigi – un surriscaldamento sotto i 2°C entro fine secolo – l’utilizzo di energia rinnovabile, auto elettriche ed altre tecnologie di decarbonizzazione delle attività umane non sono sufficienti. Serve sostanzialmente un periodo a emissioni negative, e questo sembra possibile solo “succhiando” anidride carbonica dall’atmosfera ed eliminandola (rendendola una risorsa per la produzione di energia rinnovabile o stoccandola sotto terra). Il dipartimento USA per l’energia stima che dal 2050 in poi sarà necessario catturare e stoccare dai 400 milioni agli 1.8 miliardi di tonnellate di CO2 annualmente, contro i 20 milioni attualmente “eliminati” ogni anno.

Ripulire l’atmosfera dalla CO2 non è impresa semplice, serve tanta tecnologia. Climateworks è una delle startup impegnate in questo campo. Fondata nel 2009, la società è impegnata a sviluppare una tecnologia denominata DAC (direct air capture), ha un impianto attivo in Islanda e ne sta per aprire un secondo. Non è però l’unica ed il settore sta attirando parecchi capitali privati, come ricorda anche un articolo dell’Economist di settimana scorsa. Carbon Engineering è un’altra realtà che merita una citazione. Tra i suoi sostenitori c’è un nome importante come quello di Bill Gates, ed in Texas, in un giacimento petrolifero chiamato Notrees, sta per sorgere una sorta di piccola foresta capace di assorbire circa mezzo milione di tonnellate di CO2 all’anno, a partire dal 2025.

Un’altra tecnologia, oltra alla DAC, sta attirando capitali e vede coinvolte anche grandi nomi dell’industria mondiale. Si tratta della carbon capture and storage (CCS), un modello che prevede la cattura dell’anidride carbonica direttamente dal processo produttivo e prima che questa si disperda nell’atmosfera. Un procedimeno più economico rispetto alla DAC che sta ispirando i piani industriali di molte compagnie petrolifere. ExxonMobile – racconta l’Economist – ipotizza che nel 2050 i ricavi globali derivanti dalla CCS possano toccare i 6 trilioni di dollari.

In definitiva catturare anidride carbonica può diventare un business altamente remunerativo, sempre più indispensabile se la riduzione delle emissioni in atmosfera dovesse continuare a ritmi non troppo sostenuti.

Foto di ivabalk

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