I giovani ricchi snobbano il mercato azionario

Un nuovo studio della Bank of America sui grandi patrimoni negli USA mostra, tra le altre cose, che i giovani ricchi preferiscono investimenti in asset alternativi al mercato azionario.

Partiamo da un dato. Secondo una ricerca della società Cerulli Associates, entro i prossimi 20/25 anni la generazione dei cosiddetti baby boomers americani trasferirà ai figli (millennials o generazione X che siano) qualcosa come 84 trilioni di dollari di patrimonio. E capire come le nuove generazioni hanno intenzione di investire i propri soldi, con queste cifre, può cambiare sensibilmente anche la futura attrattività di molte asset class.

Per questo motivo il 2022 Study of Wealthy Americans di Bank of America risulta molto interessante. Si tratta di un approfondito studio che la banca statunitense ha condotto sulla situazione dei grandi patrimoni negli USA, accompagnato da un sondaggio sottoposto a 1052 investitori con un patrimonio investibile pari o superiore ai 3 milioni di dollari. Il primo dato che emerge dalle pagine del report ci dice che una metà dei genitori intervistati inizia a parlare di trasferimento del patrimonio ai propri figli quando questi sono abbondantemente oltre i 20 anni, ritendendo che ad età più giovani non siano abbastanza preparati per affrontare l’argomento.

Al di là della preparazione, forse, a rendere titubanti i genitori verso i figli sono le differenti visioni del mondo degli investimenti che sembrano emergere. Il 75% dei giovani ricchi – individui tra i 21 ed i 42 anni con almento 3 milioni di dollari di patrimonio – ritiene che ottenere rendimenti sopra la media utilizzando solo azioni ed obbligazioni sia impossibile (percentuale che scende al 34% per gli investitori “agée”). E così nei loro portafogli l’asset azionario scivola tra le preferenze: i giovani ricchi impiegano circa un quarto del loro patrimonio nel mercato azionario, contro il 50% circa delle generazioni precedenti.

Le nuove generazioni, ci suggerisce il report, guardano con molto interesse a tutto ciò che può sfruttare la cosiddetta “technology disruption”, ritenendo che gli extra rendimenti passino inevitabilmente da quelle parti. Ecco allora l’apprezzamento per le criptovalute (15% del patrimonio delle giovani generazioni contro il 2% di quello delle generazioni precedenti), senza dimenticare il real estate e puntando sul private equity per scovare fonti di profitto futuro.

E se il mercato azionario per i giovani ricchi sembra essere poco attrattivo, molto lo si deve anche all’estrema volatilità che lo sta caratterizzando da un paio d’anni a questa parte. La lunga salita dal 2000 in poi sembra aver instillato nelle generazioni più giovani di investitori il dubbio che di potenziali ulteriori rialzi se ne possano vedere pochi.

Foto di Paul Brennan

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