Cambiamenti climatici, il rischio è che siano più veloci della nostra capacità di adattamento

La seconda parte degli Assessments report pubblicata settimana scorsa dall’IPCC ci dice che la velocità dei cambiamenti climatici è tale che la capacità di adattamento di molti sistemi naturali è oramai insufficiente ad affrontarli.

Rilasciato nella giornata di lunedì scorso, l’ultimo report elaborato dall’Intergovernmental Panel on Climate Change dell’ONU suona come un ultimo, disperato, allarme sulle conseguenze che i cambiamenti climatici avranno sulle nostre vite e su quelle delle generazioni che ci seguiranno.

Le 3675 pagine del documento, secondo capitolo degli “assessment reports”, sono riassumibili in una frase: per fronteggiare gli effetti del cambiamento climatico i governi devono iniziare ad intervenire da ieri. E la parola ieri non è un errore di scrittura, perchè, stando ai numeri raccolti dal panel di scienziati dell’ONU, la velocità con la quale stanno avvenendo i cambiamenti del clima terrestre è tale che potrebbe superare la nostra capacità di adattamento alla nuova situazione. Con un riscaldamento di 1,1-1,3°C rispetto all’era pre-industrialie, alcuni sistemi naturali (ad esempio le barriere coralline e le foreste pluviali) sono già da ora in una situazione nella quale la loro capacità di adattamento è insufficiente a far fronte ai cambiamenti climatici in atto. In altre parole “la montagna” che abbiamo creato in un secolo abbondante di industrializzazione rischia di travolgerci senza lasciarci il tempo per organizzare una fuga. Questo significa dover affrontare decenni nei quali inondazioni, siccità ed altri eventi atmosferici estremi saranno più frequenti, e questo accadrà anche mettendo in campo tutta la nostra capacità di cambiare le cose partendo da ora.

In uno scenario a basse emissioni, ricorda tra i tanti numeri il report, la percentuale di popolazione mondiale che sarà costretta a vivere in situazioni climatiche rischiose per la propria vita salirà al 50% entro il 2100, vale a dire oltre 3 miliardi di persone; entro il 2050 le superfici urbane esposte ad alluvioni e siccità aumenteranno di 2,5 volte rispetto ad oggi. E l’impatto economico di tutto questo è facilmente intuibile: con un aumento della temperatura sopra gli 1,5° centigradi, 550 milioni di lavoratori nel settore ittico e dell’agricoltura rischiano pesanti conseguenze sui redditi percepiti. Entro il 2030, senza interventi, 32 milioni di persone nel mondo scivoleranno nella povertà estrema a causa degli effetti del climate change.

Foto di j_lloa

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