Global Risks Perception Survey, la ripresa non convince

Il rapporto annuale del World Economic Forum torna a mettere al centro dell’attenzione quello che qualche settimana fa avevamo descritto come una sindrome da long covid per l’economia. Nel Global Risks Perception Survey (GRPS) prevale un certo pessimismo.

Anche quest’anno i paesaggi fatati dell’inverno di Davos rimarranno esclusivo privilegio di turisti e sciatori. Ma anche se l’appuntamento con il meeting (in presenza) della finanza e dell’economia mondiale è stato rimandato all’estate, il World Economic Forum non ha mancato di pubblicare il suo consueto rapporto annuale sui rischi che circondano le prospettive di crescita dell’economia globale nei prossimi anni. E non si tratta di un documento improntato all’ottimismo.

Anzi, è proprio la parola pessimismo a farla da padrona. Ben l’84% degli intervistati nel Global Risks Perception Survey (GRPS), tra gli esperti di politica, economia e tecnologia, riferisce una certa preoccupazione per l’evoluzione della situazione economica. Una larga fetta del campione ritiene probabile un periodo, quello che arriva al 2025, caratterizzato da alti livelli di volatilità.

L’enorme sforzo della politica monetaria e fiscale, unito ad una grande capacità di reazione degli operatori economici, ha consentito all’economia globale di risalire velocemente dal baratro nel quale era sprofondata quasi due anni fa. Tuttavia, ricorda il WEF, nel 2024 il PIL mondiale sarà ancora 2,4 punti percentuali sotto la sua traiettoria originaria. Torna qui di prepotenza quella domanda che ci facevamo qualche settimana fa circa la possibile esistenza di una sindrome da long covid nell’economia. In altri termini, questa tremenda crisi lascerà strascichi in grado di ridurre nel lungo termine le potenzialità di crescita globali? Il report del WEF sembra incline ad una risposta affermativa. La pandemia lascia un’eredità pesante, fatta di debiti, certo, ma anche di implicazioni sociali in grado di impattare sul futuro economico del pianeta. Il documento ricorda l’aumento delle disuguaglianze sociali, il relativo indebolimento della coesione sociale e l’accresciuta incidenza sulla popolazione (ragazzi in primis) di disturbi mentali. Senza mai dimenticare, aggiungiamo, le conseguenze sull’educazione e sulla formazione dei più giovani e dei bambini.

Oltre a questo, ricorda il documento, c’è il rischio che passi l’idea che un forte utilizzo di risorse pubbliche possa sempre, e senza effetti collaterali, risolvere le cose. Una percezione distorta perchè non siamo ancora rientrati dall’emergenza e che rende nel medio periodo più fragili le economie di fronte ad uno shock.

Un fardello di problematiche che unite alla situazione dei prezzi delle materie prime, all’inflazione ed alla situazione finanziaria di molte imprese può complicare enormemente il tragitto della transizione energetica; l’altro grande cruccio del WEF.

Alla luce di tutto ciò il rapporto identifica i principali rischi che aleggiano sull’economia mondiale nei prossimi cinque anni. Tra questi spiccano quelli legati allo scoppio di bolle speculative o di crisi del debito. Se si allunga lo sguardo, invece, la questione climatica rimane la principale minaccia a 10 anni, declinata nelle sue varie sfaccettature: eventi atmosferici estremi, perdita della biodiversità, scarsità di risorse naturali.

Foto di martinschuschi

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