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Dare un voto “green” alle società con il Temperature Score

Associare la sostenibilità ambientale di una società all’aumento della temperatura globale. E’ in estrema sintesi il concetto del Temperature Score; ed i risultati non sono molto confortanti.

Se la finanza deve svolgere un ruolo fondamentale nell’indirizzare l’economia verso la transizione energetica e la sostenibilità ambientale, allora bisogna dotare gli investitori di strumenti di valutazione trasparenti e di facile utilizzo con i quali “punire” le società inquinanti e “premiare” le società virtuose.

Sulla necessità di realizzare un sistema di rating green universalmente riconosciuto abbiamo avuto modo di parlare altre volte nel nostro blog. Ma c’è un altro approccio, di tipo strettamente scientifico, che un recente paper firmato da Amundi ha analizzato sul campo: il temperature score.

Il concetto di fondo è semplice. Tutti noi sappiamo che la sopravvivenza del nostro pianeta è legata ad un numero: 2, come i gradi centigradi oltre i quali il surriscaldamento atmosferico si tramuterà in catastrofe. La conferenza di Parigi del 2015 ha fissato per i paesi firmatari un obiettivo: mantenere entro il secolo l’aumento della temperatura media mondiale, rispetto all’epoca pre-industriale, sotto i 2° centigradi.

Nel temperature score si confronta la proiezione delle emissioni di una società con quelle del proprio settore di appartenenza, supponendo che il settore – nel suo complesso – si muova in uno scenario nel quale la temperatura globale viene mantenuta entro gli 1,5°C. Viene così attribuita ad ogni società una specifica temperatura; i 2° C diventano così la linea di confine tra chi è virtuoso e chi non lo è.

Il report citato ha provato a fare una fotografia della situazione basandosi sui dati forniti dai tre principali database disponibili: ICE, CDP e Trucost. I risultati sono significativi. Scorrendoli si scopre così che nell’intero paniere del MSCI World meno del 5% delle società registra una temperatura inferiore ai 2° centigradi. Per tutti e tre i database la percentuale di società apparteneti all’indice globale di MSCI con una temperatura tra i 2.5°C ed i 3.5°C supera il 50%.

Stando a questi dati la situazione è grigia, anche se esistono forti differenze geografiche. L’Europa, ad esempio, si conferma una delle aree geografiche più virtuose con “solo” (si fa per dire) il 42% di società dell’MSCI Europe con una temperatura oltre i 3°C. Va molto peggio nell’area degli emergenti (69%) e soprattutto negli USA, con ben il 75% di società sopra i 3° C e solo il 2% in grado di rimanere sotto i 2°C. A livello settoriale le utilities europee risultano le più virtuose con oltre il 30% di società sotto i 2°C e la maggioranza sotto i 2.5°C.

Nella sua chiarezza e semplicità, il Temperature score potrebbe diventare un grande alleato degli investitori, ma occorre ricordarne alcune debolezze. Su tutto il fatto che si tratta di un’analisi di scenario e che la sua affidabilità dipende dalla qualità e dalla completezza dei dati che le società rendono disponibili. Ritorna così il concetto chiave di trasparenza, ingrediente fondamentale per poter indirizzare i nostri investimenti verso la sostenibilità ambientale.

Foto di Mabel Amber

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