Manovra finanziaria Italia. Per Amundi è di transizione

Il dibattito sul futuro dell’ex Ilva ha fatto passare mediaticamente in secondo piano il cammino della manovra finanziaria. Un recente report di Amundi la definisce di “transizione”, sollevando alcuni dubbi sulle sue fondamenta.

Una manovra finanziaria poco ambiziosa, che cerca di ristabilire un clima di fiducia tra il paese e l’Unione Europea e che si basa su proiezioni dalla concretizzazione incerta. Questo, in estrema sintesi, il commento rilasciato da Amundi qualche settimana fa sulla legge di bilancio italiana. Una manovra che è ancora lontana dalla sua forma finale, con il Parlamento che dovrà licenziarla entro il 31 dicembre 2019.

Annalisa Usardi, Senior Economist di Amundi, mette in fila quelli che sono, secondo il gestore francese, i principali punti critici della legge di bilancio preparata dal governo Conte bis.

La lotta all’evasione fiscale rimane la prima fonte di risorse individuata dal governo per centrare i propri obiettivi di bilancio. Il punto di domanda sta nella difficoltà di stimare l’efficacia delle misure volte a diminuire il “tax gap”.

Per quel che riguarda l’obiettivo di riduzione del rapporto debito/PIL, le proiezioni si basano su una minore spesa per interessi e su una crescita sensibile del deflatore del PIL. Mossa quest’ultima che permetterebbe al PIL nominale di rimanere sopra al valore medio del tasso di interesse pagato sul debito. Ma il deflatore in aumento implica un’inflazione in aumento e questa è un’altra ipotesi che al momento risulta complicata per il 2020.

Incertezza sull’IVA. Secondo il documento di programmazione economica un aumento IVA è al momento previsto per il 2021. Una disattivazione parziale delle clausole di salvaguardia significherebbero un aumento iva per circa 10 miliardi di euro a partire da gennaio 2021. Gli effetti sarebbero inclusi nel calcolo del deflatore del PIL, mentre l’Unione Europea adotta nelle sue stime la disattivazione completa delle clausole di salvaguardia.

La manovra non fa segreto di voler puntare su una rinnovata dose di flessibilità concessa dall’Unione Europea, in particolare puntando sul fatto che l’economia italiana viaggia con un output gap (la differenza tra il pil realizzato e quello potenziale) sopra la soglia di “normalità” stabilità dai trattati (tra +1.5% e -1.5%, le stime del governo porrebbero l’output gap a 1.8% nel 2019 e 1.7% nel 2020). Il problema principale è che Bruxelles ha una visione piuttosto diversa del pil potenziale italiano, stimandolo a livelli molto più bassi (quasi nulli) per il processo di isteresi in corso nel nostro paese.

In definitiva, secondo Amundi, si tratta di una manovra che prova a recuperare i rapporti con l’Unione Europea, resi complicati dalla finanziaria precedente, ma che al tempo stesso temporeggia e postpone gli obiettivi di rientro, senza però intervenire in maniera incisiva sul fronte della crescita. Amundi stima per l’Italia una crescita dello 0,1% del 2019 e dello 0,4% nel 2020.

Foto di fancycrave1

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