Analizzare le mosse degli investitori è un buon metodo per cercare di capire dove si dirigeranno i mercati finanziari nelle prossime settimane. E quel trilione di dollari in movimento negli ultimi 12 mesi da uno spunto interessante.
Il report è di Bernstein e ci dice che negli ultimi 12 mesi 1,1 trilioni di dollari sono stati disinvestiti dall’azionario e parcheggiati in obbligazioni e mercato monetario. Si tratta del travaso più consistente mai registrato in un anno.
Cosa significa? Innanzitutto che l’aumento della volatilità e delle incertezze macro ha ridotto la voglia di rischio degli investitori. Una “fuga” che si è dimostrata nettamente più forte in Europa; 97 miliardi di dollari di “uscite” contro i 30 miliardi registrati sui mercati azionari statunitensi.
Pur in presenza di un deflusso di capitali così ingente, i listini azionari non sono crollati. Questo, secondo il report, può essere spiegato dall’azione controbilanciate esercitata dalle tante operazioni di buyback e di acquisizione/fusione (M&A) operate (o annunciate) sul mercato negli ultimi 12 mesi. Due dati: a livello globale sono state annunciate operazioni di riacquisto azioni per 820 miliardi di dollari e sono in rampa di lancio acquisizioni e fuzioni per 1,3 trilioni di dollari.
Ma guardando al futuro, secondo il gruppo di ricerca di Bernstein, questa migrazione di investimenti prepara il campo per nuovi rialzi del mercato azionario nel medio termine. In passato, sottolinea il report, movimenti di questo genere si sono rivelati anticipatori di rialzi delle azioni nei 6 mesi successivi. La motivazione di fondo è l’eccesso. In parole semplici, una corsa al risk off di queste dimensioni sarebbe conseguenza di una visione eccessivamente pessimistica da parte degli investitori che viene, almeno in parte, riassorbita nel medio periodo.
I rimescolamenti di capitali sembrano comunque proseguire anche all’interno del settore obbligazionario. Da Ned Davis Research spiegano, ad esempio, come in settembre, negli USA, si sia registrato una consistente uscita dal settore governativo ed in particolar modo dalle durate più lunghe. Larga parte di questi capitali sono rimasti nell’obbligazionario ma con un ritorno di fiamma per i titoli ad alta cedola (high yield). Uno slittamento del rischio verso l’alto che, attualmente, tra le mosse degli investitori, è quella che più preoccupa, diretta conseguenza della prosecuzione “sine die” della politica monetaria espansiva.
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