Fino a pochi anni fa, il termine retail trader evocava l’immagine del piccolo investitore che, armato di pazienza e buon senso, cercava di destreggiarsi tra le fluttuazioni di mercato. Ma con l’avvento della pandemia e l’accelerazione digitale che ne è seguita, questa figura ha subito una vera e propria metamorfosi. Oggi, il retail trader è un attore di primo piano nei mercati finanziari globali, capace di generare flussi miliardari e condizionare le strategie degli investitori istituzionali.
Molti analisti non hanno potuto fare a meno di considerare la presenza di una qualche correlazione tra le ampie fluttuazioni del mercato azionario, tra le quali il poderoso recupero dopo il “Liberation Day” di Trump e la sempre più ingombrante figura del retail trader. Liz Ann Sonders (Chief Investment Strategist di Charles Schwab), ha recentemente sottolineato come i retail trader abbiano giocato un ruolo chiave nel sostenere il rally del mercato, soprattutto con strategie buy-the-dip. Tuttavia, Sonders avverte che tale comportamento può riflettere eccessiva fiducia e un’errata percezione di rischio, in un contesto in cui i mercati ignorano segnali macro potenzialmente negativi.
Ma facciamo un passo indietro. Ci è il retail trader contemporaneo? Spesso è un investitore individuale che opera attraverso piattaforme online, con accesso istantaneo a dati di mercato, strumenti di analisi tecnica e comunità social come Reddit o X (ex Twitter). Ha una soglia d’ingresso molto bassa, si muove con rapidità, e, soprattutto, è informato (o almeno così crede). Durante la pandemia, milioni di nuovi trader si sono avvicinati ai mercati, spesso spinti dal tempo libero, dagli stimoli online e dalla ricerca di nuove fonti di reddito in un contesto economico incerto.
Un recente studio della NYU Stern School of Business ha quantificato in modo sorprendente l’influenza di questi attori: i retail trader dedicano in media solo 6 minuti di ricerca prima di effettuare un’operazione, eppure generano circa il 20% del volume totale dei mercati azionari USA. Questo dato evidenzia non solo la loro presenza massiccia, ma anche la natura altamente reattiva (e talvolta impulsiva, ne abbiamo parlato qui) del loro comportamento.
Questa nuova ondata di investitori ha portato con sé due tendenze emblematiche. La strategia del “comprare sui ribassi” (buy the dip) è diventata una delle pratiche più diffuse tra i trader retail. Nel solo 2025, si stima che abbiano acquistato oltre 67 miliardi di dollari di azioni statunitensi, proprio mentre i grandi fondi si ritiravano per paura delle tensioni geopolitiche. Questo approccio ha spesso sostenuto i mercati nei momenti di correzione, creando un supporto artificiale che ha modificato il ciclo naturale domanda-offerta (come sostiene Sonders).
La seconda grande rivoluzione è stata quella delle meme stocks, titoli come GameStop, AMC e Bed Bath & Beyond, spinti da comunità online come WallStreetBets su Reddit. Coordinandosi attraverso meme, thread e hype, migliaia di trader sono riusciti a innescare veri e propri short squeeze, con incrementi percentuali a tre cifre in pochi giorni. Gli effetti sono stati tanto spettacolari quanto volatili, e hanno messo in discussione le logiche tradizionali dei mercati.
Il contesto tecnologico ha contribuito in modo determinante a questa evoluzione. Le piattaforme di trading online hanno semplificato l’accesso ai mercati, mentre i modelli di intelligenza artificiale – integrati in app di trading o strumenti di analisi – forniscono segnali operativi, alert di prezzo e sentiment analysis automatizzata. Questi strumenti, seppur potenti, possono però rafforzare alcuni comportamenti irrazionali. Come la FOMO (Fear of Missing Out), ossia la paura di perdere un’occasione porta a entrare tardi su titoli già “caldi”. L’Herding, vale a dire il comportamento imitativo, tipico dei meme trader, dove l’azione di pochi viene amplificata da molti. Oppure il Disposition Effect, ossia la tendenza a vendere troppo presto le posizioni in guadagno e mantenere quelle in perdita, sperando in un recupero.
L’ascesa dei retail trader ha sollevato dubbi sulla tenuta dell’efficienza dei mercati e, vien da aggiungere, sulla loro credibilità. Sull’argomento, sembrano esserci visioni discordanti. Uno studio pubblicato su ScienceDirect ha osservato che, nonostante i forti picchi di volatilità e illiquidità durante le fasi “meme”, nel complesso la presenza dei retail non compromette l’efficienza di mercato nel lungo periodo. Ciò che si altera è la dinamica di breve termine: spread più ampi, movimenti rapidi, e una maggiore sensibilità alle notizie (vere o presunte).
Secondo altre ricerche, invece, l’influenza dei retail trader può lasciare traccia sui mercati finanziari. Un’analisi della Boston College Law Review ha evidenziato come i trader retail non siano affatto “irrilevanti”: al contrario, il loro comportamento è spesso “sticky”, ovvero tende a persistere nel tempo, anticipando in alcuni casi i movimenti del mercato. Questo avviene perché i retail reagiscono a segnali di sentiment e momentum prima degli istituzionali, creando talvolta un effetto profezia autoavverante.
Il retail trader non è più un attore marginale: è diventato una forza strutturale dei mercati moderni. Qualcuno si è spinto a dire che possano aspirare al ruolo di moderne “mani forti” in grado di indirizzare i listini. I suoi comportamenti spesso non convenzionali, hanno sfidato l’analisi fondamentale, influenzato la volatilità, e costretto anche gli investitori istituzionali ad adattarsi. L’impatto continuerà a farsi sentire, specialmente in un ecosistema dove tecnologia, emozione e accessibilità ridefiniscono ogni giorno le regole del gioco finanziario.
Ecco, questo è un punto cruciale. Se la tecnologia rappresenta la corda in grado di tenere assieme questa nuova “coorte” di investitori, allora viene spontaneo domandarsi chi controlli la tecnologia, a chi risponda, come utilizzi la sua forte capacità di influenzare le scelte di investimento di un numero così elevato di persone. Il rischio è che le nuove mani forti, gira e rigira, siano alla fine sempre e solo due.
Foto di Sergei Tokmakov