Se guardiamo all’andamento dei mercati finanziari nel primo mese del 2025, possiamo sicuramente affermare che oro e dollaro sono tra i protagonisti. Entrambi considerati beni rifugio in momenti di incertezza, ed entrambi condizionati dalle scelte di politica monetaria e non solo.

Nella giornata di ieri il prezzo dell’oro ha toccato un nuovo record storico, a quota 2.861 dollari all’oncia, avvicinandosi a quella soglia dei 3.000 dollari che per molti analisti rimane il primo vero target del 2025. A rendere ancora più interessante questo movimento al rialzo è la contemporanea forza del dollaro statunitense.
In analisi intermarket, storicamente, la forza del dollaro tende a smorzare la domanda di oro. Questo accade perché l’oro è quotato in dollari: un dollaro più forte lo rende più costoso per chi usa altre valute, riducendo la domanda. Periodi di correlazione positiva tra prezzi del lingotto e valuta statunitense si presentano generalmente o in presenza di aspettative di inflazione in aumento e di tassi reali bassi o negativi, oppure quando la situazione geopolitica o economica fa correre gli investitori verso i cosiddetti beni rifugio. Tutti elementi che sembrano essere presenti, con differenti sfumature, nell’attuale situazione internazionale.
C’è però un altro elemento da tenere in considerazione, ed è la composizione della domanda di oro. Su questo punto ci sono di aiuto gli ultimi dati raccolti dal World Gold Council nel report di fine 2024. Lo scorso anno gli acquisti di lingotti da parte delle banche centrali hanno superato per il terzo anno consecutivo le mille tonnellate. Nel solo quarto trimestre del 2024, gli istituti centrali (soprattutto dei paesi emergenti) hanno comprato oro per oltre 330 tonnellate. L’acquisto di oro per investimento nel 2024 è salito del 25%, toccando le 1.180 tonnellate, record a quattro anni. A contribuire positivamente alla domanda di oro c’è anche il settore tecnologico, spinto dalla corsa all’IA e dalla fame di semiconduttori. I prezzi elevati, infine, penalizzano il settore della gioielleria, con un calo nel 2024 dell’11% della domanda.
Numeri a cui va aggiunto un ulteriore tassello. La preoccupazione per l’arrivo di dazi sulle importazioni ha spinto numerosi trader statunitensi ad anticipare acquisti di lingotti nell’ultima parte del 2024, contribuendo all’aumento della domanda e di conseguenza dei prezzi.
Situazione calda, quindi, per il lingotto. Ed il 2025, stando alle previsioni degli analisti, potrebbe renderla ancora più bollente. Goldman Sachs ha recentemente fissato a quota 3000 dollari all’oncia il target per il 2025, sulla scorta di una domanda ancora sostenuta dalle banche centrali e di tassi di interesse in calo. Per il World Gold Council, invece, la corsa dell’oro troverà sostegno soprattutto dall’incertezza geopolitica e macroeconomica, mentre gli acquisti degli istituti centrali, pur rimanendo consistenti, rallenteranno rispetto agli anni precedente.
Foto di Soofia Tailor